La storia

La storia del campo di concentramento di Tonezza del Cimone

La ricerca di un campo di concentramento provinciale.

In provincia di Vicenza, i primi giorni dopo l’ordine di polizia n° 5 furono caratterizzati da una certa frenesia, dovendo assicurare nel più breve tempo possibile la costituzione di un campo. La Prefettura, muovendosi in tutte le direzioni, comunicò a più riprese gli esiti delle proprie ricerche al Ministero dell’Interno.

In realtà, le prime indicazioni non portavano soltanto a Tonezza, ma anche ad Enego. Attraverso il telegramma n° 57800 del 14 dicembre del 1943, inviato alle ore 21.30 dal Ministero al capo della Provincia di Vicenza [1], è possibile risalire agli eventi di quei giorni.

Gli accertamenti vennero eseguiti in tempi relativamente rapidi e il 7 gennaio del 1944, da Valdagno, l’Ispettore Generale di Pubblica Sicurezza, il dott. Beniamino Roselli, inviò una lettera urgentissima al Capo della Polizia [2], in cui, rispondendo ad una richiesta del 2 gennaio, si soffermava sulle strutture individuate ad Enego e le descriveva nei particolari. Si trattava di ben 4 stabili: le già citate Casa del Maestro, detta anche Villa Adua, e Villa S. Antonio e due alberghi, il S. Marco e il 3 Pini.

La Casa del Maestro, confinante con i fabbricati del Preventorio della Croce Rossa Italiana, era di proprietà dell’ente Vittorio Emanuele III presso il Provveditorato agli Studi di Venezia e veniva affittata alla stessa Croce Rossa che vi ospitava dei bambini durante il periodo estivo. La struttura, “in ottime condizioni di conservazione e manutenzione”, aveva già a disposizione 60 posti letto, anche se necessitava di alcuni lavori per l’ammontare di £. 25.000, soprattutto per quanto riguardava l’installazione di stufe e la sistemazione della recinzione in ferro. Lo stesso Roselli consigliava di adibire la Casa, “più che ad un campo di concentramento (…) ad alloggiare persone di riguardo” e informava che aveva già avviato i contatti con il Presidente del Comitato della Croce Rossa di Venezia, il dott. Giocondo Protti, per la cessione dello stabile.

La Villa S. Antonio, proprietà dei Padri Giuseppini, comprendeva 31 locali, 1 cucina, 6 gabinetti e 2 bagni e poteva arrivare ad ospitare 90 persone. Anche in questo caso si segnalava la necessità di sistemare lo stabile, in quanto erano presenti solo 37 letti con 32 materassi, e di provvedere all’acquisto di 10 stufe, alla costruzione di un’adeguata recinzione, di ulteriori quattro gabinetti e tre docce, alla fornitura di uno scaldabagno a legna, alla revisione degli impianti igienici. La spesa prevista ammontava a £. 50.000.  Andava considerato, inoltre, che di solito la Villa veniva data in locazione alla Croce Rossa per £. 2000 mensili e che quindi, una volta requisita per trasformarla in un campo di concentramento, si sarebbe dovuto comunque versare quei soldi all’Amministrazione.

Per quanto riguarda i due alberghi, erano “da considerarsi per l’attrezzatura in genere e per la modestia dell’arredamento e degli ambienti di 3° ordine e non adatti per ospitare persone di riguardo”. In particolare, l’Albergo S. Marco disponeva di 25 camere, oltre ad un piano con 5 camere ed accessori destinato alla famiglia del proprietario, mentre l’Albergo 3 Pini aveva 10 camere, oltre alle 5 occupate dagli esercenti.

Nello stesso documento che si sta analizzando, risalta il riferimento all’istituzione di un campo di concentramento a Tonezza del Cimone. In effetti, tutte le strutture individuate ad Enego, pur avendo complessivamente una buona capienza, avevano bisogno di strutturazioni che avrebbero richiesto tempo e ulteriori spese, oltre a diversi passaggi burocratici per i permessi relativi al loro uso. L’urgenza dettata dalla necessità di sistemare gli ebrei nel frattempo arrestati in provincia di Vicenza convinse il capo della Provincia ad usare la Colonia Umberto I di Tonezza.

 

La Colonia Alpina Umberto I di Tonezza del Cimone: storia di un campo di concentramento.

Il 25 aprile del 1899, presso la sede del locale Club Alpino, il dottor Elesbaan Dal Lago propose di celebrare l’anniversario con la costituzione di una colonia alpina per venire incontro alle necessità di bambini e ado­lescenti bisognosi. Allo scopo si costituì un gruppo presieduto dal conte Guardino Colleoni e sostenuto dal vicepresidente Giuseppe Roi, dallo stesso Dal Lago, in qualità di medico, da Giovanni Curti, cassiere, e da Angelo Valmarana nelle vesti  di segretario.

I medici condotti di Vicenza collaborarono con il dottor Dal Lago per la individuazione dei bambini da avviare al soggiorno climatico che così veniva presentato: “in una conca erbosa (…) la casa Pettinà, detta il Palazzon (…) all’altezza di 1100 metri, discosta dal villaggio, vicina ad una fonte di acqua pura, circondata dai prati, non lontana dai boschi, la nostra residenza presentava tutti gli elementi che si potevano richiedere per un’ottima cura alpina”.

 

Un anno dopo, il 29 luglio del 1900, l’anarchico Gaetano Bresci uccise in un attentato il re Umberto I. Il presi­dente Colleoni pubblicò per l’occasione un mani­festo per conto della Colonia alpina che “d’or innanzi, in omaggio alla Sua venerata memoria, (…) si denominerà: Colonia Alpina “Umberto l” – Vicenza. (…)”.

A seguito dell’insorgenza di problemi relativi soprattutto alla diffusione di malattie infettive, il marchese Roi pensò fosse arrivato il momento di costruire un nuovo stabile. Nel 1911 il Marchese e il conte Angelo di Valmarana decisero, così, di donare dei terreni e dei fabbricati per la costruzione della nuova colonia: “due fabbricati posti in comune di Forni, frazione di Tonezza, località Croce della Casara, con terreni adiacenti coltivati a bosco e pascolo (…) con relativa strada di accesso”.

 

 

Distrutta durante la Prima Guerra Mondiale e ristrutturata, il presidente Roi ne annunciò la riapertura nel 1920, facendola tornare al suo normale funzionamento e ospitando, durante il periodo fascista, fino a 200 ragazzi e ragazze all’anno.

Con la nascita della RSI, la Colonia si trovò al centro di una serie di decisioni che avrebbero cambiato per sempre la sua storia: il 10 dicembre di quell’anno il Prefetto comunicò al presidente Roi che i locali della Colonia sarebbero stati requisiti temporaneamente per concentrarvi degli ebrei. Quello stesso giorno, i prime ebrei vennero arrestati dalle forze dell’ordine italiane. Roi si rivolse con due lettere,il 16 e il 22 dicembre, pregando di recedere dalla decisione in maniera che lo stabile potesse continuare a mantenere le sue funzioni. Purtroppo, come riportano i verbali, “l’interessamento del Presidente non riuscì a conseguire il desiderato effetto e la sede della Colonia Alpina venne occupata per il concentramento degli ebrei.” [3]

Il campo venne aperto ufficialmente il 20 dicembre. Tre giorni dopo arrivarono da Arsiero, col camion di Gniola (Giuseppe Fontana fu Domenico) [4], 45 ebrei accompagnati da 5 carabinieri.

Dai documenti conservati presso il Comune di Tonezza si ricavano importanti conferme. Il 23 dicembre il direttore del campo, maggiore Silvio Toniolo, prese in consegna la Colonia con tutto il “materiale destinato al funzionamento del Campo di Concentramento”. Sappiamo che la gestione dei campi di concentramento spettava al Ministero dell’Interno che la delegava alle Prefetture; queste amministra­vano i fondi accreditati dalla Ragioneria Centrale del Ministero dell’Inter­no su ordine dello stesso ministro. Alla direzione dei rispettivi campi veni­vano preposti dei funzionari di Pubblica Sicurezza oppure i Podestà dei comuni di appartenenza o, ancora, degli incaricati ad hocproposti dalle prefetture al Ministero. Nel caso di Tonezza la direzione venne affidata, appunto, ad un funzionario di Pubblica Sicurezza.

 

Note

[1] ACS, MI, M4, Mobilitazione Civile, b. 138, f. 16 Campi di concentramento, s. f. 2 Affari per Provincia, ins. 43 Vicenza.

[2] ACS, MI, M4, b. 111

[3] La sintesi della storia della Colonia fin qui presentata fa riferimento alle prime 50 pagine del libro di Ranzolin Antonio (a cura di), Un’azione umanitaria: la Colonia alpina Umberto I di VicenzaVicenza 2000 (Sandrigo – Grafiche Urbani). Pubblicato in occasione del centesimo anniversario della fondazione dell’istituzione. Le notizie riguardanti in particolare la requisizione della Colonia affinché fosse destinata a campo di concentramento sono presenti a pagina 45.

[4] Archivio Comunale di Tonezza, Rendiconto della gestione del campo concentramento ebrei Tonezza, pag. 3, fattura del 31 gennaio 1944 a nome di Fontana Giuseppe, Trasporto ebrei a Tonezza. Il nome dell’autista e il numero degli ebrei e dei carabinieri si trovano anche in Marcazzan Giuseppe, Tonezza mia, 1999, pag. 143. Sul frontespizio del libro: Supplemento a Tonezza, dicembre 1999.

Translate »