Storie da Sossano

Storie da Sossano

 

Sossano va ricordata per la partecipazione attiva dei suoi abitanti nella salvezza degli ebrei.

Sin dall’arrivo degli internati il comune predispose un’ottima accoglienza, addirittura organizzando un banchetto di benvenuto al ristorante “Due Mori”. Tutti contribuirono a far sentire gli internati parte della comunità, a partire dalle autorità: il Podestà, comm. Albano Michelazzo, il segretario comunale rag. Germano Andriolo e il segretario del Fascio ing. Giuseppe Balduzzo, ma anche Monsignor Bortolo Meggiolaro.

Come in molti dei comuni interessati dall’internamento libero, gli ebrei vennero ospitati presso le famiglie del luogo. Oggi molti degli abitanti di Sossano che hanno vissuto quelle vicende ci hanno lasciato, ma il ricordo rivive nei racconti dei figli come Graziella Ancetti Chiodi e la sorella Pace, Anna Muraro Pillon, Teresina Dal Toso e sorella, Gemma e Lucia Pedrina, Vincenzo Candiago e altri.

Oltre alla semplice ospitalità, alcuni abitanti misero a repentaglio la propria vita nei momenti seguenti all’invasione dei tedeschi e all’istituzione della Repubblica di Salò.

Il segretario comunale Germano Andriolo, sua moglie Irma e Monsignor Meggiolaro misero a disposizione degli interessati documenti di copertura, informazioni e mezzi per aggiungere la Svizzera. In dodici riuscirono a salvarsi, rimanendo in Svizzera fino al 1945 per poi raggiungere Israele.

Alcuni di loro sono rimasti per sempre grati alla comunità di Sossano. Tra loro i coniugi Ladislav Stern Bianca Friedman. Una volta fuggiti in Svizzera,  decisero di chiamare il figlio appena nato Micheal, per ricordare San Michele, patrono del Comune dove sono stati internati e dove è avvenuto il concepimento.

A Sossano si svolgono anche i fatti riguardanti un altro internato, David Levi che, dopo l’armistizio, decise di rimanere a Sossano invece di fuggire con gli altri, cosa che non poteva fare senza l’aiuto della popolazione. Il merito va, in particolare, al signor Marco Dal Toso, agricoltore, che riuscì a nascondere David, per più di un anno, nella sua casa di via Seccalegno 27, complice anche il silenzio degli altri abitanti.       

La scelta di Marco non fu facile, perché sapeva che metteva a repentaglio la sua vita, quella della moglie e dei suoi tre figli, eppure non esitò davanti alla concreta possibilità che David finisse in un campo di sterminio. La figlia di Marco, Teresina ricorda che “qualcuno fece la spia e ci mandò i tedeschi in casa. David si nascose in un fienile nei campi di mio padre. I tedeschi passarono da quelle parti e, per vedere se ci fosse qualcuno, diedero alcuni colpi di forca. Fortuna volle che nessuno di questi andò a segno.”

Con la liberazione, David ritornò in libertà e si trasferì nel New Jersey, senza mai dimenticare l’aiuto ricevuto dalla famiglia Dal Toso a cui scrisse spesso e fece visita nel 1973.

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