Il sussidio

Il sussidio

 

Uno dei problemi più condivisi dagli internati riguardava i mezzi di sostentamento. Prima di dare il via alla politica dell’internamento libero, il governo fascista decise di permettere l’ingresso nel Regno solo a coloro che fossero in grado di mantenersi da soli. Con il passare del tempo, però, molti di coloro che all’inizio potevano contare sui propri risparmi esaurirono i mezzi a disposizione. Altri, invece, riuscirono ad entrare comunque in Italia pur non avendo soldi a sufficienza. Ognuno di loro presentava, quindi, condizioni economiche diverse, ma moltissimi alla fine risultavano poveri o con poche risorse.

Per chi non aveva mezzi fu decisa la corresponsione di un sussidio statale di 8 £ per il capofamiglia, 4 per la moglie e 3 per i figli, oltre a 50 £ al mese per l’alloggio. 

 

 

Molti ebrei riuscirono ad avere accesso ad aiuti da parte di associazioni. Prima dell’internamento, ricevevano aiuti dalla Croce Rossa e dai Comitati ebraici di Assistenza che si erano formati in molte città d’Italia. Molto attiva, durante il periodo di internamento, fu la DELASEM, senza dimenticare la Mensa dei bambini di Israel Kalk.

 

 

Per gli ebrei più abbienti vigeva l’obbligo di depositare le somme presso gli istituti di credito locali e di prelevarne solo una parte al mese. Nella maggior parte dei casi, i propri beni non bastarono per affrontare tutte le necessità legate ad un periodo di internamento che durò alcuni anni.

 

 

Emmerico Buchwald, internato a Montecchio, aveva un credito presso la Banca Popolare di Vicenza e chiese, il 28 maggio 1942, di poter ritirare mensilmente £ 1500 per poter effettuare degli acquisti per la famiglia e per poter curare al meglio il proprio figlio. Qualche mese dopo, il 9 gennaio 1943, a seguito del fermo di un vaglia postale a suo nome e dei relativi controlli, l’Intendenza di Finanza segnalò una situazione economica disagiata.

 

 

Non dissimile la storia di Maurizio Marcello Armuth, internato a Marostica, che il 3 febbraio del 1942 si rivolse al podestà per chiedere l’ottenimento del sussidio.

 

 

Le difficili condizioni di vita e le contingenze in cui si trovavano gli ebrei spinsero questi ultimi a scrivere al questore per riconsiderare il proprio stato di sussidiati, per esempio per il passaggio dalla minore alla maggiore età o per chiedere aumenti del sussidio, a causa di cure sanitarie o di una gravidanza.

 

 

Al centro delle richieste non c’era però solo il sussidio. Spesso compaiono altre esigenze, come quella di vedersi rimborsati le spese sostenute per un trasferimento da un comune all’altro, nel caso in cui il comune di partenza non avesse provveduto ad anticipare l’importo.

Translate »