Storie – Abano Terme

Storie

Abano Terme

 

1. David Pollak

Sugli ebrei stranieri internati ad Abano, città nota e frequentata per le sue terme anche dagli stessi ebrei, non sono disponibili molte informazioni [1].

Tra Abano Terme e Monteortone risultavano internati 8 ebrei, di cui 3 nella frazione. Dei 5 ebrei di Abano, non è stato possibile approfondire le vicende di Davide Pollak, figlio di Salomone e di Anna Flochmann, nato a Wolocisk (Cecoslovacchia) il 16 agosto 1889. David si trovava a Fiume dove fu fermato. Apolide, come quasi tutti gli ebrei internati, dopo l’8 settembre fu arrestato e condotto nel campo di concentramento provinciale di Vo’ Vecchio. Nell’elenco generale degli ebrei entrati nel campo di Vo’, stilato in ordine cronologico, dal 3 dicembre 1943 al 18 maggio 1944, David è segnalato alla data del 5 gennaio 1944 [2]. Da un altro documento, firmato dal direttore del campo Salvatore Lepore, il suo nome risulta cancellato con l’indicazione “dimesso matrimonio misto” [3]. Anche quest’ultima informazione relativa al matrimonio non può essere al momento approfondita, ma è confermata da una nota che Lepore inviò al questore di Padova, il 18 luglio 1944, per relazionare su quanto accaduto il giorno prima, alle 14, quando le SS e il Comandante del Presidio di Este portarono via gli ebrei dal campo di Vo’, inizialmente alle carceri giudiziarie dei Paolotti, prima della deportazione. Le ultime righe erano dedicate a Pollak: “L’Ufficiale interprete delle SS ha portato via la pratica di Ufficio relativa all’ebreo misto, dimesso, Pollak Davide (…) [4].

Il nome di Pollak non è comunque presente tra i deportati presenti sul Libro della memoria. Sui database dell’USHMM e dell’ITS ci sono diverse persone con lo stesso nome, ma i dati non corrispondono [5]. Secondo il database di Anna Pizzuti, passò in Svizzera.

 

2. I Wiener

La famiglia Wiener, composta da Giulio [6], da sua moglie Francesca Neumann e dai figli Beruja e Desiderio [7], si presentò alla Questura di Padova il 6 novembre 1941. Erano arrivati in città da soli. Non sapevano cosa fare se non consegnarsi alle autorità. Furono arrestati per “espatrio”. Il vice commissario di Pubblica Sicurezza, Alessandro Lo Nigro, trascrisse l’interrogatorio di Giulio:

Provengo dalla Zagabria. Sono entrato in Italia insieme alla mia famiglia (…) per valichi montani e sono disceso alla stazione ferroviaria di Mattuglie [8], dove ho fatto i biglietti per Trieste. Sono colà giunto il 1° novembre ed il giorno successivo mi sono recato a Venezia. Il 3 sono partito per Padova dove ho preso alloggio con la famiglia all’Albergo Regina. Sono fuggito da Zagabria in quanto come ebrei non vi era alternativa per me e per i miei: o la fuga o la morte. Infatti le Autorità Croate avevano deciso di fucilare gli ebrei per decimazione, in seguito ad attentati che erano stati eseguiti a Zagabria. Ho mezzi di sussistenza per me e la mia famiglia. Da circa dieci anni mi sono sempre recato in Italia per ragioni di commercio in quanto mi occupo di commercio di metalli, biciclette e macchine da cucire. Posseggo il passaporto dell’ex Stato Iugoslavo n. 13733 rilasciato a Zagabria il 10.4.1940 e rinnovato il 31 marzo 1941. Fui in rapporti di affari con i Cantieri Metallurgici Italiane di Castellamare, con la Soc. An. Ambrosetti di Milano, con la Soc. Dronighi di Trieste, con la Soc. An. ‘La Magona’ di Firenze e con il Banco di Roma (sede di Fiume). In qualità di ebrei, però, con la totalità della mia razza ero perseguitato. Sono iscritto alla Comunità Israelitica. Ho prestato servizio militare in Austria ed Iugoslavia. Non mi è gradito rimpatriare. Il mio desiderio è che mi venga concesso l’imbarco per la Palestina e, se ciò non fosse possibile, di essere internato in Italia [9].

Nella ricostruzione di Wiener, frutto di una serie di domande previste dal modulo prestampato dell’interrogatorio, si ritrovano storie e percorsi che possono esemplificare la situazione di tutti gli ebrei provenienti dalla ex Jugoslavia, attaccata il 6 aprile 1941 e successivamente smembrata. L’autunno del 1941 fu il periodo di massimo afflusso degli ebrei che poi costituirono il gruppo più numeroso degli internati in Veneto. Se molti entravano scaglionati sotto la supervisione delle autorità italiane, altri, tra cui diversi degli ebrei giunti nel padovano, si affidavano alle proprie risorse.

Il giorno dopo Vittorelli scrisse a Roma inviando il verbale di interrogatorio. Nessun accenno da parte del Ministero alle condizioni della famiglia e alle motivazioni che la spinsero a fuggire. Come si nota quasi sempre nelle comunicazioni, gli uffici ministeriali, a differenza delle Prefetture o di altri enti che operavano sul territorio, si limitavano a chiedere, smistare o, in questo caso, a disporre “che gli stranieri in oggetto siano internati, a proprie spese, in un comune di codesta provincia” [10].

La possibilità da parte di una famiglia di potersi mantenere era spesso dirimente. Se il sussidio era stato comunque la soluzione trovata dal governo fascista per garantire il mantenimento degli internati, in base all’art. 106 della legge di guerra del 1938, si è visto che ogni qualvolta si presentava la possibilità di internare degli ebrei che potevano mantenersi a proprie spese la decisione arrivava senza particolari problemi burocratici. Si verifica così il caso di essere internati e quindi sottoposti a tutta una serie di restrizioni e con la possibilità di essere spediti in un campo di concentramento, nel caso di decisioni punitive, pagando per la propria “prigionia”. Non è un caso se Abano [11], di solito tenuta fuori da considerazioni sull’internamento in considerazione della sua importanza turistica e termale, fu scelta per questa famiglia croata. Ma chi erano i Wiener? Terminati gli studi in Matematica, Fisica e Chimica a Zagabria nel 1914, Giulio non fece in tempo a laurearsi a causa dello scoppio della prima guerra mondiale che combatté nell’esercito austro-ungarico, servendo nel Sappeur-Spezialbatallion, un battaglione che si occupava di guerra con l’uso di gas. Era considerato un “lavoratore speciale”. Ricoprì anche l’incarico di istruttore di armi chimiche per le altre unità. Dopo la guerra, per pochi mesi, diventò assistente del prof. Janecek all’Università di Zagabria per poi abbandonare del tutto il mondo scientifico e abbracciare quello del commercio, soprattutto per garantirsi delle entrate sufficienti. Tra il 1921 e il 1925 visse a Vinkovci dove possedeva una fabbrica che produceva la lana. Si sposò il 25 ottobre 1925 e con la moglie decise di spostarsi a Zagabria dove cominciò a fare il commerciante di materie prime come minerali, metalli e sostanza chimiche. Lo scoppio del secondo conflitto mondiale mise fine a tutti i suoi progetti, in particolar modo dopo l’invasione della Jugoslavia. La famiglia fuggì subito a Ivankovo, luogo dell’infanzia di Giulio in cui poteva contare su diversi amici contadini che, infatti, la tenne nascosta per tre mesi, dal 10 aprile al 15 luglio 1941. I Wiener decisero di tornare a Zagabria per capire come uscire dalla Jugoslavia. Riuscirono a raggiungere Susak verso la fine di luglio. Anche se furono fermati, arrestati e rispediti indietro più volte, nel territorio croato, i Wiener ogni volta tornavano a Susak. Questa “situazione tragicomica”, come la definì lo stesso Giulio davanti all’IRO il 6 maggio 1950, finì il 29 ottobre quando decisero di attraversare il confine passando attraverso le montagne e raggiungendo così Fiume. Come visto, furono internati ad Abano dove rimasero dal dicembre 1941 al giugno 1943, quando il Ministero decise di spostarli ad Arre. Nonostante potesse contare sui suoi averi, mosso dalla passione e forse anche dalla necessità, considerato il lungo periodo di internamento, diede ripetizioni di Matematica e Lingue agli studenti delle scuole medie e superiori. Alla notizia dell’armistizio, la famiglia cominciò il suo viaggio verso il sud. Il 14 ottobre 1943 raggiunsero Campobasso, proprio mentre l’esercito canadese liberava la città molisana. Da lì a Bari, il passo fu breve. Nel capoluogo pugliese erano converse numerose “displaced persons” che furono aiutate nel locale transit camp. Inoltre, a Bari era di stanza l’esercito alleato e successivamente aprì i suoi uffici anche l’AJDC. I figli di Giulio divennero subito interpreti dell’esercito e lo stesso Giulio si occupò dell’aiuto ai rifugiati ebrei che arrivavano a sud. Nel 1944 fu eletto presidente del “Comitato ebraico per l’assistenza” che poi fu integrato nell’AJDC, nonché dell’Organizzazione sionista nella cui veste contribuì ad organizzare quattro viaggi verso la Palestina. Per circa un anno, insieme all’Alto Comando Alleato e all’ICR, che stanziò appositamente 600.000 £, si occupò anche di coadiuvare gli aiuti per gli ebrei presenti in Jugoslavia, paracadutandoli nelle zone controllate dai partigiani.

Alla fine della guerra i Wiener decisero di dedicarsi alla ricostruzione della loro vita. Mentre i figli andarono in Palestina, Giulio e Francesca, a dicembre del 1945, tornarono ad Abano, dove si stabilirono in via Busonera 2. A quel tempo risale la domanda all’UNRRA con cui Giulio cercava lavoro come interprete o commerciante. D’altronde le sue esperienze pregresse gli permettevano di padroneggiare lo jugoslavo, il tedesco, l’italiano, l’inglese, il francese e l’ungherese. Anche Francesca, che aveva studiato fino alle scuole professionali ed era stata sarta [12] e impiegata, conosceva molte lingue e avrebbe potuto trovare lavoro facilmente. Nel frattempo il sogno della Palestina rimaneva per il momento sullo sfondo. Nell’ottobre 1946 si trasferirono a Genova dove Giulio diventò delegato dell’AJDC per l’ufficio emigrazione fino al luglio 1947, quando decise di tornare alle precedenti occupazioni nell’ambito del commercio di materie prime, soprattutto nel campo minerario, più che altro come agente commerciale per delle sue vecchie conoscenze. La mancanza di stabilità lavorativa e l’incertezza legata alla possibilità di rimanere in Italia li spinsero a fare domanda per emigrare, come risulta dal modulo “recommendation for employment” in cui venne riportata la loro storia, i rispettivi curriculum e alcuni allegati [13]. Nell’aprile 1951 ottennero il permesso per recarsi negli Stati Uniti.

 

 

 

 

 

 

Application for IRO Assistance
di Giulio Wiener
(1718000/81234994/ITS Digital Archive, Arolsen Archives).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE

[1] Non essendo stato possibile accedere all’Archivio Comunale di Abano, si è fatto affidamento solo sui documenti presenti all’Archivio Centrale dello Stato di Roma.

[2] Nel documento è indicato erroneamente il 1943. La data di nascita risulta il 6 agosto e il luogo Kolonik.

[3] ASPD, cit., b. 41, fascicolo “Ebrei – Campi di concentramento”, “Elenco ebrei già internati nel campo di concentramento di Vo’ Vecchio aggiornato dal 13 gennaio 1944 al 17 luglio 1944”.

[4] Ivi, 18 luglio 1944. Il 22 il Capo della Provincia inviò la stessa relazione al Ministero dell’Interno.

[5] L’indicazione della Svizzera, come luogo in cui si sarebbe trovato a guerra finita, presente sul sito www.annapizzuti.it richiama appunto il database dell’USHMM, ma qui si esprimono dei dubbi sulla corrispondenza tra il David Pollak di Padova e quello presente in Svizzera.

[6] Viene indicato nei documenti anche come Julje, Iulje e Julze.

[7] Indicati nei documenti anche come Beyma e Zelyko.

[8] Oggi Matulji in Croazia.

[9] ACS, MI DGPS DAGR, A4 bis, b. 373, fascicolo “Wiener Julze fu Mavvo e famiglia”, 6 novembre 1941.

[10] Ivi, 18 novembre 1941.

[11] Ivi, 28 novembre 1941.

[12] Francesca Neumann aveva ottenuto anche un attestato per un corso di taglio e cucito tenuto nel 1949.

[13] Si vedano i documenti presenti negli Arolsen Archives: https://collections.arolsen-archives.org/en/archive/81234992/?p=1&s=wiener%20giulio%201891&doc_id=81234993.

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