Ebrei internati a Longarone

Ebrei internati a Longarone

 

  • Krauss Rodolfo, di Lodovico, nato a Brod (Polonia) il 09.03.1877. 
  • Orlic Giulia, di Milan e Stona Dimitrasevic, nata a Zagabria il 10.05.1903. Coniugata con Krauss Rodolfo. A Longarone nel 1943. Un documento degli Arolsen Archives la pone a Forno di Zoldo.
  • Krauss Gidon, di Rodolfo e Giulia Orlic, nato a Zagabria il 12.08.1929.
  • Krauss Noemi, di Rodolfo e Giulia Orlic, nata a Zagabria il 25.06.1934.

 

  • Krauss Arturo, fu Lodovico e fu Francesca Rechnitzen, nato a Zenica (Croazia) il 05.08.1897. 

 

  • Muller Ermanno, di Leopoldo e Caterina Fried, nato a Zagabria il 04(14).12.1897. Ermanno (Hermann) arrivò il 23 ottobre 1941 da Lubiana a Belluno e tre giorni dopo fu inviato a Sedico (BL). La decisione era stata presa dal Ministero dell’Interno con una comunicazione dell’8 ottobre diretta all’Alto Commissario per la Provincia di Lubiana. In quel documento, nell’oggetto, oltre al nome di Ermanno era indicato anche quello del figlio Giovanni di cui però non ci sono ulteriori tracce. Nel novembre 1941, con il permesso del podestà di Sedico, si recò a Belluno per la cura dei denti presso il dott. Arrigoni. Aggiunse il prefetto: “Il Muller versa in buone condizioni economiche e pagherà di proprio l’attuale cura”. Con una istanza (senza data) presentata al Ministero, Muller chiese il trasferimento dei due nipoti, Zvonko e Veljko, dal campo di Ferramonti a Sedico specificando che il “più vecchio dei due fratelli è ammalato (…) e il clima caldo del meridione non può che nuocere alla sua tanto precaria salute. Anche il fratello Veljko è predisposto alla stessa malattia (…)”. Muller riuscì ad ottenere il trasferimento. Il 29 marzo 1942 la Prefettura di Belluno notificò al Ministero che il 25 Ermanno era stato trasferito da Sedico a Longarone “e ciò perché in Sedico non vi sono abitazioni private disponibili. Il predetto, infatti, durante la permanenza in Sedico è sempre vissuto in albergo”. Proprio da Longarone, il 7 giugno Muller chiese al Ministero il ricongiungimento con la cognata (moglie del fratello), Liuba Kraus, e sua figlia, Vera Muller. In questo caso, però, l’istanza non andò a buon fine. Risale al gennaio 1943 un nuovo trasferimento da Longarone a Quero che coinvolse anche i nipoti e da ciò si desume che anche loro fossero passati da Sedico a Longarone. Infine, il 20 maggio 1943 il prefetto informò il Ministero che Ermanno e i nipoti avevano chiesto il trasferimento a Feltre perché lì avevano trovato un lavoro. Ermanno avrebbe lavorato presso la ditta Luigi Nilandi come disegnatore progettista.
  • Auferber Zvonimiro (Zvonko), di Alessandro e Lila Wamoscher (Vamoser), nato ad Osijek (Bracevci) il 10.01.1915. Risulta con il fratello a Ferramonti di Tarsia (CS) il 03.10.1941. Il 26 febbraio 1942 il Ministero dispose il loro trasferimento a Sedico (BL) dove si trovava lo zio Hermann Muller. La madre dei due Auferber era la sorella della moglie di Hermann, Gisela. Da un documento si apprende che il 26 gennaio 1943 la Prefettura di Belluno scrisse al Ministero indicando come oggetto “Movimento ebrei internati in provincia di Belluno”. Ebbene per i due Auferber e per lo zio Ermanno Muller fu indicato il trasferimento da Longarone (BL) a Quero (BL), “avendo (…) dato luogo a qualche rilievo di carattere disciplinare”. Il 20 maggio 1943, sempre con lo zio, furono oggetto di una nota del prefetto al Ministero perché avevano presentato una domanda in cui chiedevano il trasferimento da Quero a Feltre dove avevano trovato lavoro. “Di essi il Muller Ermanno si occuperebbe presso la Ditta Luigi Nilandi di Feltre in qualità di disegnatore progettista e l’Auferber Veliko come disegnatore del geometra Filippo Lanciato. Nel mentre si esprime parere favorevole all’accoglienza dell’istanza, si significa che una loro eventuale assunzione non danneggerebbe la mano d’opera locale (…)”.
  • Auferber Zeliko (Veliko), di Alessandro e Lila Wamoscher (Vamoser), nato a Đakovo (Jugoslavia) il 30.04.1920. Stesso percorso del fratello.

 

  • Wormser Samuele, di Luigi, nato a Stoccarda il 09.04.1871. Coniugato con Lelourdy Jeanne. Presente ad Agordo il 1°.12. 1941 e poi a Longarone il 30.01.1943. Dopo l’8 settembre risulta in Svizzera. 
  • Lelourdy Jeanne, di Giovanni Battista e Luigia Munier, nata a Heming (Francia) il 15.11.1876. Coniugata con Wormser Samuele. Da Agordo viene trasferita a Longarone il 30.01.1943.

 

  • Steinhof Ludovico (Lodovico), di Alessandro e Paola Polak, nato a Bjelovar (Jugoslavia) il 1°.06.1900. Coniugato con Weiss Anna. Il 7 ottobre 1941 il Ministero dell’Interno comunicò all’Alto Commissario per la Provincia di Lubiana, Emilio Grazioli, di aver disposto l’internamento di Ludovico e di suo figlio Rudolfo (Rodolfo) Ruben in provincia di Belluno. Il 10 settembre Grazioli aveva inviato a Roma tre elenchi: il primo comprendente le famiglie giunte a Lubiana dopo l’annessione; il secondo con gli ebrei celibi e nubili giunto dopo l’annessione; il terzo con le famiglie già domiciliate nella provincia di Lubiana prima dell’annessione. Quest’ultimo era l’unico gruppo che comprendeva ebrei che potevano mantenersi a proprie spese, mentre Steinhof, che compariva nel primo elenco, risultava tra coloro che avevano bisogno di essere sussidiati. Lo stesso Grazioli commentò: “Vedrà, pertanto, codesto Ministero se sia il caso di inviare tutti in un campo di concentramento, o di disporre, per alleviare le spese all’Erario, che per quelli risultanti abbienti sia destinata una o più località d’internamento, militarmente non importanti, ove essi possano essere diretti e mantenersi a loro spese”. Profughi dalla Croazia, furono muniti di foglio di via a Lubiana con l’ingiunzione di presentarsi alla Prefettura di Belluno entro 4 giorni a partire dal 24 ottobre. Il 27 arrivarono a Belluno e il giorno dopo il prefetto li indirizzò verso Sedico. Come nel caso di Muller, il podestà, a seguito di un certificato del dottor Garibaldi Locatelli, concesse a Ludovico il permesso di recarsi a Belluno per la cura dei denti. Questa volta, però, si evidenziavano le disagiate condizioni economiche dell’internato che quindi non era in grado di pagarsi le cure. Il Ministero rispose il 2 novembre 1941 chiedendo una visita del medico provinciale e di “conoscere se la malattia fu contratta a causa dell’internamento, e se la cura aveva carattere di urgenza”. Solo il 3 gennaio 1942 il prefetto fece sapere al Ministero che il medico provinciale aveva visitato Ludovico nella “Pensione Pasa” di Sedico, confermando i problemi di salute e non ravvisando il carattere di urgenza, ma sottolineando che comunque a Sedico non c’era un medico dentista specializzato. La quotidianità dell’internamento di Steinhof si arricchisce di un nuovo capitolo con la comunicazione del prefetto al Ministero datata 9 febbraio 1942. Il Centro C. S. di Padova aveva segnalato quanto segue: “Da fonte confidenziale vengo informato che tale STEINKOFF internato civile a Sedico (Belluno) ha scritto ad una signora di Podraska Slatina (Croazia) che a Metlika (Lubiana) tale Leopoldo Grabriam e certa Signora Markovic organizzano l’emigrazione clandestina di ebrei della Croazia in Italia mediante compenso di £ 5000”. Il prefetto di Belluno non interrogò Ludovico “per non metterlo sull’avviso”. Sulla questione si espresse Emilio Grazioli il 9 aprile: “Il nominato Grabrjan Leopoldo si identifica nella persona di Grabrjan Leopoldo fu Francesco e fu Nemacic Francesca, nato il 21 marzo 1886 a Metlica ivi domiciliato e residente, commerciante, cittadino ex jugoslavo. Il medesimo, (…), per motivi di commercio ebbe occasione anni fa di conoscere a Zagabria gli ebrei croati Schombaum Riccardo fu Stanislao e moglie Feigel Luisa fu Emilio, Frohlic Oskar e moglie Moscovic Elena nonché l’avvocato Stern Armin fu Miroslav. I primi due, (…), si stabilirono a Metlica e furono per qualche tempo in casa del Gabrian, il quale fornì loro anche i mezzi per vivere. Senonché nel gennaio u/s, a cura della locale R. Questura, vennero allontanati dal Regno quali stranieri indesiderabili e consegnati nella stazione di Karlovac alla polizia croata. L’avvocato Stern Armin e la di lui figlia Evelina, croati, di razza ebraica, entrati clandestinamente in territorio italiano per valico non autorizzato, attraverso il fiume Kupa nei pressi di Vinica, nel dicembre 1941, si stabilirono a Lubiana, ove ebbero occasione di incontrarsi con il Grabrian, il quale li convinse a recarsi a Metlica. In casa del Grabrian i medesimi nel gennaio u/s, furono fermati ed indi allontanati da questa provincia e respinti in territorio croato. Anche nei confronti dei coniugi Frohlic Oskar e Moscovic Elena, entrati clandestinamente in territorio italiano, nei pressi di Malinci, il 14 dello scorso gennaio, il Grabrian Leopoldo si interessò, (…), tenendo in custodia i loro bagagli. Non è risultato altro nei confronti del Grabrian, il quale ha agevolato gli ebrei predetti dopo il loro passaggio clandestino in territorio italiano, (…), ma non consta che abbia organizzato mediante compensi infiltrazioni dalla Croazia di ebrei stranieri. La Markovic non risulta nativa, né residente in Metlica ove è del tutto sconosciuta. Sembra che la medesima sia di razza ebraica, di nazionalità croata, e si identifichi per Knacker Fani in Markovic fu Enrico attualmente internata a Mel. Con tale Markovic, (…), il Grabrian ha avuto una sola volta rapporti di affari, avendo da costei acquistato una partita di calze, pagate con la somma di lire cinquemila circa”. Il 25 marzo Ludovico e il figlio furono trasferiti da Sedico a Longarone, “perché in Sedico non vi sono abitazioni private disponibili” e i due avevano vissuto in albergo. Il 6 aprile fu comunicata la spesa per le cure mediche presso il dott. Arrigoni di Belluno (£ 15). La spesa fu autorizzata dal Ministero il 14. Il 10 arrivò al Ministero una nuova comunicazione del prefetto per una richiesta di cure odontoiatriche da parte di Lodovico e Rodolfo che avrebbero coperto le spese per il viaggio fino a Belluno. Del 28 aprile è l’istanza di Lodovico “affinché mi venga concesso il trasferimento di mia moglie (…) che da parecchio tempo si trova lontana dai suoi cari e precisamente presso la Casa di Cura Fiumana in Fiume, via Leonardo da Vinci 11”. Per Steinhof si trattava della seconda domanda visto che la prima volta (l’8 marzo quando era a Sedico e specificò che Anna non l’aveva seguito perché fu ricoverata in ospedale e sottoposta ad un intervento chirurgico), non aveva ricevuto nessuna risposta. il 23 marzo anche Anna aveva inoltrata una domanda simile al Ministero. Il prefetto girò la richiesta a Roma il 3 maggio. L’istanza di Lodovico e Anna fu appoggiata anche da alcuni rapporti medici della Casa di Cura Fiumana. In quello del 29 aprile il dott. Lodovico Holtzabeck scrisse: “Alle malattie fisiche si sovrappongono le sofferenze psichiche per la lontananza della sua famiglia e per l’impossibilità di sorvegliare ed educare il figlio. (…) credo opportuno che ritorni al più presto possibile in seno alla sua famiglia”. Il 2 maggio si fece viva anche la Prefettura del Carnaro che, nel comunicare che Anna aveva fatto richiesta di raggiungere il marito, riportò quanto dichiarò sul suo ingresso nel Regno a seguito di un’interrogazione in merito: “Dopo lunga degenza in un ospedale di Zagabria (…), sono stata dimessa il I^ corr. Essendo colà sola e bisognosa di assistenza, mi sono decisa a raggiungere mio marito, (…), e mio figlio (…), entrambi internati a Sedico (…). Senonché, il 3 corr. fui respinta alla frontiera di Plasse. Ho ritentato di entrare in Italia il 5 successivo e mi è riuscito, in quanto gli agenti o Carabinieri addetti al controllo dei documenti, sulla scorta dell’attestazione che mio marito e mio figlio sono internati a Sedico, mi hanno lasciata entrare, Allo scopo, però, di sfuggire alla Polizia, sono subito scesa dal treno, e mi sono portata a piedi a Draga, presso certa Pavletic Vilma, ivi abitanti al n. 68, che io ho conosciuta in ospedale a Zagabria. (…): mio marito e mio figlio sono entrati in Italia con regolari documenti (…): sono in possesso di £ 11.600. (…): Chiedo si poter raggiungere mio marito e mio figlio, poiché, ritornando in Croazia, se non soccombessi al mio stato di salute, finirei la mia esistenza in campo di concentramento”. La Prefettura del Carnaro chiuse approvando il ricongiungimento familiare. Il 17 maggio il Ministero autorizzò l’internamento di Anna “a proprie spese”.  Il 1° giugno fu munita di foglio di via per Longarone dal prefetto Testa e quello stesso giorno raggiunse il marito. Ovviamente i problemi di salute di Anna continuarono e il 2 luglio il prefetto di Belluno chiese al Ministero l’autorizzazione, poi concessa, per gli spostamenti verso l’ospedale di Belluno dove doveva recarsi una volta al mese. Il 30 luglio 1942 Anna chiese alla Questura di Belluno di ottenere “un moderato sussidio in danaro”, visto che aveva dovuto pagare le spese mediche a Fiume e il viaggio per Longarone. A tal proposito allegò i relativi documenti (£ 7264,50 relative alla Casa di Cura Fiumana e £ 1080 per altre visite mediche e il viaggio). Il 25 agosto l’inflessibile Ministero respinse la domanda, ma Anna lo venne a sapere solo il 15 settembre quando, disperata per la situazione che si era venuta a creare chiese nuovamente il sussidio al Ministero. Questa volta, dopo opportuni controlli, la Prefettura di Belluno appoggiò la richiesta e lo comunicò a Roma il 5 ottobre. Eppure il 28 ottobre il Ministero respinse di nuovo la domanda visto che Anna era stata “autorizzata a raggiungere il marito a proprie spese”. Con un salto temporale i documenti ci conducono al febbraio 1943 quando il prefetto di Belluno trasmise al Ministero la richiesta di Lodovico tendente ad ottenere per il figlio “l’autorizzazione a prendere lezioni dall’insegnante ariana Tasso Caterina”. L’intenzione era quella di permettere a Rodolfo di imparare l’italiano e il latino, considerato “che per la guerra ha dovuto abbandonare la scuola da circa due anni” e che “studia ora privatamente in famiglia ricevendo lezioni per corrispondenza dalla Comunità Israelitica di Genova, e si prepara per il Ginnasio”. L’obiettivo era quello di presentarsi alla successiva sessione degli Esami di Stato. Il 12 aprile il Ministero acconsentì, a patto che Caterina Tasso fosse un insegnante elementare. Il 15 aprile Lodovico presentò un’altra istanza. Questa volta chiese al Ministero di potersi recare con la moglie, per 8 giorni, presso la nipote, Ruzica Stein in Alkalai, internata con il marito a Crespino (RO), “per vedersi, trattare alcuni interessi delle nostre famiglie e risollevarsi almeno spiritualmente”. Il 6 maggio arrivò il permesso della Prefettura di Rovigo e il 25 quello del Ministero. Sempre in condizioni precarie, Anna scrisse ancora al Ministero. Il 24 luglio 1943 chiese così di poter ricevere i medicinali di cui aveva bisogno, visto che non poteva permettersi di pagarli. Allegò la ricetta medica dell’Ospedale di Padova. Il 3 settembre 1943 il Ministero fece sapere che la domanda non poteva essere accolta. Ormai non c’era più tempo per ulteriori istanze. Era giunto il momento di fuggire. La famiglia Steinhof riuscì a passare in Svizzera dopo l’armistizio.
  • Weiss Anna, di Samuele e Maria Bruck, nata a Pozega il 26.07.1906 (di nazionalità jugoslava). Coniugata con Steinhof Ludovico.
  • Steinhof Rodolfo Ruben, di Ludovico e Weiss Anna, nato a Zagabria il 17.06.1930.

 

Dati

  • Internati totali: 13
  • Maschi: 9
  • Femmine: 4
  • Nuclei familiari: 4
  • Persone sole: 1
  • Minorenni al 1943: 3
  • Deportati: 0
  • Sopravvissuti: 13
  • Nazionalità: 10 jugoslavi (di cui 2 figli di un polacco), 2 tedeschi, 1 polacco.

 

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