Giuseppe Brutti ed Elvira Lucci in Brutti

Giuseppe Brutti ed Elvira Lucci in Brutti

(scheda a cura di Irene Nieddu)

(1) Giuseppe Brutti; (2) Elvira Brutti; (3) Marisa Brutti; (4) Mario Brutti; (5) Giancarlo Brutti

 

Giuseppe Brutti (capostazione dal 1939) ed Elvira abitavano ad Ascoli Piceno sopra la stazione di Amandola. Insieme a loro vivevano i figli Mario, Giancarlo e Maria Luisa, a sua volta sposata con Ferdinando Farina.

Le famiglie (imparentate) Almuli ed Eskenazi comprendevano: la signora Rejna Davico Almuli, le sue figlie Lea e Reli Benarojo, quest’ultima madre di Ena e Alisa (di sei e otto anni), il dottor Isak Eskenazi (genero dell’anziana), la moglie Ela e la figlia Vera.

Nel novembre 1941, il gruppo fuggì da Belgrado e, dopo un viaggio pericolosamente lungo, riuscì ad arrivare in Italia nel paese di Cison di Valmarino (provincia di Treviso), ma qua venne arrestato e trattenuto in confino libero (cioè sotto sorveglianza e con varie restrizioni).

Con l’invasione tedesca nel settembre 1943, le famiglie si spostarono a sud in direzione delle Forze Alleate e dopo poco riuscirono ad arrivare alla stazione dei treni di Amandola, dove passarono la notte.

Qui incontrarono per la prima volta Giuseppe Brutti che decise di ospitarli in casa sua fornendo loro cibo e un posto per dormine.

La mattina dopo, Brutti organizzò un incontro con alcune persone fidate: monsignor Eugenio Verdini e il dottor Cesare Appolloni, chirurgo dell’ospedale locale.

Il punto chiave della discussione fu la collocazione e la protezione degli Almuli-Eskenazi e, dopo aver stabilito che la famiglia sarebbe rimasta ad Amandola, i tre organizzarono un comitato di cittadini per cercare di raccogliere beni di prima necessità.

Inoltre, si tentò di tenere la massima discrezione tra gli abitanti e nessun compenso materiale venne mai stato richiesto per l’aiuto fornito.

Tuttavia, un calzolaio genovese denunciò ai tedeschi la famiglia ebrea, ma prima che venissero catturati, Giuseppe Brutti organizzò rapidamente la loro fuga a San Cristoforo, un piccolo villaggio sulle colline adiacenti.

Lì furono aiutati dal parroco locale, Don Quinto Roscioli e rimasero in quel villaggio fino alla liberazione della zona nel giugno 1944.

I sopravvissuti non dimenticarono mai i loro soccorritori che li aiutarono costantemente per nove mesi e riconobbero come fondamentale l’aiuto dei Brutti.

Il 13 aprile 2004 Yad Vashem ha riconosciuto Giuseppe ed Elvira Brutti come Giusti tra le Nazioni.

 

Fonte:

Yad Vashem

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