Parte terza – Sviluppi e sospensione del progetto T4

Parte terza – Sviluppi e sospensione del progetto T4

 

La prassi della “Aktion 4”

Verso l’autunno del 1939, dalla sede di Berlino della T4 cominciarono a partire i questionari indirizzati agli istituti psichiatrici del Reich. I questionari erano molto generici per non allarmare nessun direttore. Ufficialmente si trattava di un censimento per conoscere le capacità lavorative dei malati. Ovviamente i direttori – che temevano di perdere buona manodopera – compilarono i questionari dichiarando inabili al lavoro anche coloro che invece venivano impiegati proficuamente.

In più – considerando la compilazione dei questionari un lavoro inutile e noioso – i direttori delegarono il personale amministrativo degli istituti. Il risultato fu che i questionari venivano riempiti in tutta fretta e in modo totalmente superficiale. Senza saperlo in questo modo migliaia di malati venivano condannati a morte.

La procedura escogitata era stata pensata per mantenere il più stretto segreto. Quando i questionari tornavano indietro venivano fotocopiati in tre copie ed esaminati da tre periti. Il parere dei tre periti veniva inviato ad un quarto perito supervisore che decideva sulla vita o la morte del paziente. Naturalmente il malato non veniva mai realmente visitato.

Una volta decise le persone da eliminare la sede centrale di Berlino preparava delle liste di trasferimento che inviava ai singoli istituti avvertendo che si preparassero i malati per la partenza. Il giorno stabilito si presentavano uomini della “Società di Pubblica Utilità per il trasporto degli ammalati“. I pazienti venivano caricati su grossi pullman dai finestrini oscurati e trasportati in uno dei centri di eliminazione: Grafeneck, Bernburg, Sonnenstein, Hartheim, Brandenburg, Hadamar. In questi istituti erano stati predisposti delle camere a gas camuffate da sale docce e forni crematori per l’eliminazione dei cadaveri.

Dai cadaveri venivano tolti i denti d’oro che venivano inviati ad appositi uffici.

Una parte dei cervelli venivano sezionati o inviati al “Kaiser Wilhelm Institut“, dove una équipe medica guidata dal professor Julius Hallervorden sviluppava i suoi studi sulla neuropatologia.

Ai direttori non si indicava la località finale di arrivo del malato ma un istituto nel quale venivano trattenuti i malati per alcuni giorni. Questa tappa intermedia era stata decisa per evitare che i parenti si recassero nelle cliniche di eliminazione. Una volta arrivati nelle cliniche di eliminazione i malati venivano uccisi dopo pochi giorni.

Ai parenti veniva inviata una lettera standard che annunciava la morte per una causa qualsiasi. Si avvertiva che per ragioni sanitarie il cadavere era stato cremato e si avvertiva che l’urna con le ceneri era a disposizione. Si precisava che i beni personali dovevano essere ritirati entro 14 giorni ma l’invio delle lettere era calcolato in modo tale che quando la notizia giungeva alla famiglia i termini utili erano già trascorsi.

Ai parenti dei pazienti eliminati all’interno dell’Azione T4 veniva inviata una lettera standard per comunicare loro “l’improvviso decesso”, generalmente attribuito a collassi cardiaci, polmoniti, ictus. Una volta prelevati i malati dalle cliniche e dagli ospedali, e avviati all’eutanasia, si provvedeva ad informare la famiglia della morte, chiedendo informazioni sul cimitero al quale inviare l’urna con le ceneri, raccolte del tutto casualmente tra quelle accumulate, dopo decine di “trattamenti”, dai crematori allestiti all’interno dei centri di eutanasia.

Ecco un esempio di lettera di condoglianze:

Alla Sig.ra Gerda Rittner
Flinkstrasse 16
Köthen

Dessau, 23 Gennaio 1941

Gentilissima Signora,

siamo molto spiacenti di doverLe comunicare che Sua figlia, trasferita il giorno 19 Novembre 1939 in questo Istituto per decisione del Commissario alla Salute del Reich, è deceduta improvvisamente il giorno 18 Gennaio per un arresto cardiaco. Considerando la gravità della malattia da cui essa era affetta, la vita per la defunta non era che una sofferenza, per cui la sua morte deve essere considerata una liberazione. Essendovi in questo periodo pericolo di epidemie all’interno dell’Istituto, le autorità di polizia hanno ordinato l’immediata cremazione della salma. La preghiamo di comunicarci a quale cimitero inviare l’urna con le ceneri. Per qualsiasi informazione La preghiamo di scriverci, dato che le visite sono momentaneamente proibite dalla polizia per ragioni sanitarie.

Il Direttore dell’Istituto

(Archiv Gedenkstätte für Opfer der NS-Euthanasie Bernburg, traduzione di Alessandro Berlini)

 

Il castello di Hartheim

La strategia della disinformazione

Per depistare i parenti i centri di eliminazione venivano scelti in modo da essere il più distante possibile dal luogo di residenza del malato. Naturalmente oltre ai disabili ad essere eliminati in massa furono anche i cosiddetti “psicopatici” (cioè asociali) e gli ebrei fossero sani o meno.

Per l’uccisione dei bambini, che una volta presi nella rete dell’operazione diventavano noti come “bambini del Comitato del Reich“, il Comitato creò i cosiddetti reparti per l’assistenza esperta dei bambini presso ospedali e cliniche statali.

Il 1° luglio 1940 I’RMdI emanò una circolare che annunciava la creazione (che in realtà era avvenuta qualche tempo prima) del primo reparto infantile del Comitato del Reich a Brandenburg-Gorden. Il provvedimento, continuando a dissimulare l’intento reale del programma, informava gli uffici sanitari che:

Sotto esperta supervisione medica, il reparto di psichiatria infantile a Gorden, vicino Brandeburgo sull’Haven, fornirà tutti gli interventi terapeutici disponibili, resi possibili da recenti scoperte scientifiche“.

La stessa disinformazione caratterizzò tutti gli atti successivi fatti circolare dall’RMdI. Il 18 giugno 1940, ad esempio, il Ministro chiese che il sistema assistenziale coprisse le spese di ricovero di bambini appartenenti a famiglie indigenti. Il Ministero avvisava gli enti assistenziali che il denaro sarebbe stato ben speso perché, anche se solo in pochi casi la salute del bambino sarebbe migliorata, i risparmi futuri in ordine all’assistenza avrebbero compensato le spese.

Tuttavia non era possibile svelare ai genitori o agli enti assistenziali il costo effettivo del cosiddetto trattamento perché avrebbe voluto dire rivelare troppo; i genitori si aspettavano che il trattamento durasse per anni o decenni e dunque costasse molto, e le autorità, che sapevano che trattamento si sarebbe concluso rapidamente, non potevano dargli chiarimenti.

Il Comitato del Reich possedeva i fondi per coprire tutte le spese quando non vi era alternativa, ma cercava, ogniqualvolta era possibile, di indurre i genitori o gli enti assistenziali a pagare per le uccisioni segrete.

Il sistema di sterminio si fondava, così, sulla collaborazione di burocrati, medici e genitori:

  • l’RMdI facilitava la collaborazione dell’amministrazione pubblica, incluso il servizio sanitario
  • la KdF reclutava i medici, le infermiere e il personale per le uccisioni effettive
  • i burocrati e i medici lavoravano affinché i genitori dessero il loro consenso

 

Metodi di uccisione

Un metodo di uccisione era la morte per inedia. Sappiamo per certo che talvolta questo metodo fu applicato: quando la guerra volgeva ormai al termine, le razioni di cibo si erano ridotte al punto di scendere sotto la soglia della sopravvivenza e la morte per inedia e “i padiglioni della morte per inedia” si diffusero in molti istituti. Ciò malgrado non fu la morte per inedia il metodo generalmente adottato nei reparti di eutanasia infantile.

Il metodo preferito fu l’uso di farmaci. Benché la decisione relativa al tipo di farmaci da impiegare spettasse a ciascun specialista, i medici condivisero informazioni relative ai farmaci scambiandosi visite o incontrandosi a Berlino. Pfannmuller, ad esempio, visitò l’Am Steinhof di Vienna e notò che coloro che praticavano l’eutanasia usavano la morfina-scopolamina; egli preferiva però i barbiturici luminal (un sedativo) e veronal (un sonnifero). A Berlino, Bayer fu informato dell’efficacia del bromuro, della morfina, del veronal e del luminal. Tra questi il luminal divenne il metodo prediletto della maggior parte dei medici, con la morfina-scopolamina come seconda scelta, di solito destinata a coloro che resistevano al luminal o al veronal.

I medici potevano scegliere anche le modalità di somministrazione del farmaco. Di solito i farmaci letali erano somministrati in compresse, altre volte in forma liquida; in rare occasioni, quando il paziente non poteva o non voleva inghiottire, si ricorreva a un’iniezione. Solitamente le compresse erano disciolte in un liquido come il tè in modo tale che il bambino ingerisse il farmaco assieme ad alimenti abituali.

È evidente il vantaggio di un simile metodo per un’operazione di sterminio segreta. Questi farmaci veniva somministrati regolarmente in ogni struttura sanitaria; divenivano letali soltanto se si aumentavano le dosi. Perciò i bambini venivano uccisi non a causa dell’ingerimento di veleni estranei, ma di un’overdose di un farmaco comune. Inoltre l’overdose di barbiturici e farmaci analoghi non davano luogo a una morte immediata; davano invece luogo a complicazioni mediche, in particolare la polmonite, che alla fine (di solito nel giro di due o tre giorni) provocava il decesso. A quel punto i medici potevano constatare una “morte naturale”.

L’ordine effettivo di uccidere un bambino partiva dal Comitato del Reich.

Questo ordine di uccisione veniva chiamato eufemisticamente una “autorizzazione” a “sottoporre a trattamento” il bambino. Si utilizzava il termine “autorizzazione” perché l’eutanasia, nei modi in cui questa era stata ordinata da Hitler, giocava sull’illusione che, con la realizzazione del programma, lo stato si sarebbe limitato a facilitare e autorizzare un’azione che un medico avrebbe desiderato compiere per ragioni umanitarie, anche se era proibita da un codice penale arcaico. Il termine “trattamento” veniva usato semplicemente perché parole come “uccidere” erano giudicate .troppo compromettenti perfino per documenti segreti. Dopo la guerra Schmidt, del reparto di eutanasia infantile di Eichberg, avrebbe testimoniato che “Berlino ci inviava i cosiddetti ‘documenti di autorizzazione’ e, dopo un po’ di tempo, arrivavano questi bambini”; egli aggiunge: “i bambini venivano aiutati a morire”.

Sebbene la maggior parte dei bambini del Comitato del Reich non soffrisse di malattie dolorose o terminali, gli assassini difesero i loro atti sostenendo che i disturbi che affliggevano i loro pazienti erano inabilitanti e incurabili. Le invalidità da dichiarare erano disturbi effettivamente gravi; comprendevano disordini neurologici e deformità fisiche giudicate incurabili ed ereditarie secondo i canoni delle conoscenze mediche del tempo.

1) In primo luogo la diagnosi che portava all’inclusione era spesso imprecisa e troppo concisa. I medici non concordavano sulle possibilità di miglioramento e spesso i valutatori esperti, che si affidavano alle descrizioni fornite dai medici, accettavano la prognosi meno favorevole. Sovente i medici dei reparti di eutanasia giudicavano incurabili le condizioni del paziente anche se i medici di famiglia, che conoscevano meglio i bambini, non le avevano giudicate gravi.

2) In secondo luogo i medici coinvolti nel programma assumevano che le invalidità che giustificavano l’inclusione avrebbero per sempre impedito all’infante di essere autonomo nel mondo adulto. Tuttavia perfino il medico capo dell’eutanasia degli adulti giudicò difettose le procedure per giungere a tale decisione; citando il caso di Helen Keller, una bambina cieca e sorda, egli sostenne che era impossibile giungere a una conclusione definitiva circa le capacità future del bambino basandosi su una diagnosi fatta nel periodo infantile. Allo stesso modo, in un primo momento il perito Wentzler si oppose all’inclusione di bambini mongoloidi nel programma, sostenendo che questi possiedono un gusto particolare per la musica e un amore per la vita.

3) In terzo luogo la categoria “idiozia e mongolismo” era sufficientemente vaga da consentire l’inclusione di bambini ritardati sulla base della loro intelligenza e del loro comportamento. In effetti su questi bambini si formulavano giudizi in base a una valutazione semplicistica e fallibile della loro intelligenza e della loro istruzione. Spesso i valori sociali, tra cui quelli che riguardavano specificamente il comportamento infantile, influenzavano la decisione di uccidere, così come avevano influenzato la decisione di sterilizzare.

 

Vittime del progetto “eutanasia”

 

Testimone nella clinica

Possediamo una testimonianza insolitamente vivida delle visite guidate da Pfannmuller e del trattamento cui venivano sottoposti i pazienti di Eglfing-Haar addirittura prima che l’eutanasia avesse ufficialmente inizio.

Ludwig Lehner, un prigioniero di guerra tedesco, ricoverato nel 1939 presso la clinica di Eglfing-Haar, testimoniò nel 1946 a Londra le barbarie di cui fu testimone durante il suo internamento.

…Quando entrai, il prof. Pfanmüller era circondato da alcuni collaboratori e da personale specializzato. Parlava in una corsia, dove in una ventina di lettini giacevano altrettanti bambini di età compresa tra 1 e 5 anni. Stava dicendo: “Ai miei occhi di nazionalsocialista queste creature rappresentano soltanto un peso per il nostro popolo. Noi non li facciamo fuori con i veleni, con le iniezioni, eccetera, perché in tal caso offriremmo alla stampa straniera e a certi signori della Svizzera nuovo materiale contro di noi. No, il nostro metodo è molto più semplice e naturale …”.
Così dicendo, aiutato da un’infermiera, tolse un bambino da un lettino. Mentre lo mostrava intorno come una lepre morta, con sguardo da intenditore aggiunse: “Questo bambino, per esempio, non durerà più di due o tre giorni”. Con la sua faccia grassa fece un ampio sorriso e chiarì agli altri il suo metodo: “Il metodo non consiste nel sospendere di colpo la nutrizione di questi bambini; basta ridurre gradualmente le razioni. Così, durante l’agonia è possibile ottenere dati molto più nuovi e interessanti sul comportamento dell’organismo iponutrito …”. Non dimenticherò mai questo assassino, che ghignava ghermendo nella sua mano grassa quel mucchietto di ossa piagnucolanti, circondato da altri bambini già quasi distrutti dalla fame…

(in Sterpellone L., Le cavie dei Lager,  Mursia, Milano 1978, p. 60)

 

Nel corso della sua deposizione di fronte al Tribunale militare statunitense, Pfanmuller respinse tale accusa: “Se Lehner afferma che ho strappato un povero bambino al suo letto con le mie mani grasse, dirò che non ho mai avuto mani grasse. Sicuramente non ho mai fatto larghi sorrisi per cose del genere”. In realtà Pfannmuller si riferì all’uccisione dei bambini a Eglfing-Haar con orgoglio, dichiarando di fronte ad una corte tedesca postbellica che “addormentare i bambini era la forma più pulita di eutanasia”.

 

Conclusioni

L’uccisione dei bambini fu il primo atto del programma di sterminio per eutanasia.

I bambini erano giudicati particolarmente importanti perché rappresentavano la posterità; la soppressione di quanti erano considerati malati e deformi era essenziale al successo del programma di purificazione razziale ed eugenetica. Ben presto il progetto di uccidere i bambini disabili fu oscurato da quello di uccidere gli adulti disabili. Tuttavia quando, nell’agosto del 1941, Hitler ordinò l’interruzione della prima fase dell’eutanasia degli adulti, i bambini non rientrarono in questo cosiddetto “ordine di sospensione” e l’eutanasia infantile continuò fino al termine della guerra.

A quel punto la portata dell’eutanasia infantile si era estesa. Dapprima essa comprendeva solamente neonati e bambini piccoli, nessuno al di sopra dei tre anni. Tuttavia successivamente vi rientrarono anche bambini più grandi; e alla fine nei reparti infantili furono uccisi anche adolescenti. Fu Hitler, che si riservava l’autorità di risolvere i problemi, a prendere la decisione di includere i bambini più grandi. È importante ricordare che non tutti i bambini erano affetti da malattie incurabili o da deformità permanentemente invalidanti; molti furono istituzionalizzati per invalidità meno gravi o semplicemente perché erano bambini lenti ad apprendere e con problemi comportamentali.

Poiché molti documenti che attestano le uccisioni non sono giunti fino a noi, è impossibile calcolare il numero di bambini uccisi nei reparti infantili durante la seconda guerra mondiale. La migliore stima è un totale di almeno 5000 bambini assassinati.

La bonifica del Volk

Le stime più accreditate a proposito dei risultati conclusivi dell’operazione, relativi agli anni fra il 1934 ed il 1939, parlano di un numero di almeno 320.000 sterilizzazioni. La cifra non comprende decine di migliaia di interventi compiuti in territori annessi alla Germania, come Danzica, Memel, l’Austria, il territorio dei Sudeti, un numero imprecisato di sterilizzazioni compiute su zingari, gli interventi che andarono a colpire i “Meticci del Reno”. Questo senza contare gli esperimenti di sterilizzazione “su larga scala” compiuti nei Lager, che portarono alla morte, tra dolori e mutilazioni atroci, migliaia di donne.

Statistiche precise, comunque, riguardano solo gli anni 1934-1936. Successivamente Hitler vietò la diffusione di dati relativi al programma di sterilizzazione. Va sottolineato che, nei soli anni 1934 e 1935, i tribunali tedeschi ricevettero, da parte di medici e amministratori del sistema sanitario, ben 388.400 denunce riguardanti soggetti sospettati di essere portatori di patologie ereditarie. Nuove categorie di individui ‘tarati’ venivano intanto schedate dai ricercatori del Kaiser Wilhelm Institut per la genealogia, la demografia e la psichiatria guidato da Ernst Rüdin, in attesa di estendere loro il trattamento di sterilizzazione.

 

Il bilancio delle vittime

Numero di vittime eliminate tra il 1940 ed il 1941

Anno/mese

GrafeneckBrandenburg
Bernburg
Linz
Hartheim
Sonnenstein

Hadamar

1940
Gennaio95
Febbraio234105
Marzo500495
Aprile410477
Maggio1119974633
Giugno1300143198210
Luglio1262152914491116
Agosto1411141917401221
Settembre1228138211231150
Ottobre76111771400801
Novembre9713971396947
Dicembre548387947698
Totale
9839977296705943

Anno/mese

GrafeneckBrandenburg
Bernburg 

Linz
Hartheim

SonnensteinHadamar

1941

Gennaio788943365956
Febbraio93911786081298
Marzo10049747601056
Aprile10841123273889
Maggio1316110613302063
Giugno1406136412971687
Luglio142673525371783
Agosto6381176607700
Totale
86018599777710072

Totale
1940-1941

9839183731826913720

10072

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