Parte II – Attività introduttive

PARTE II

Attività introduttive

 

2.1 Promemoria per gli insegnanti

Un preside di un liceo americano aveva l’abitudine di inviare questa lettera ai suoi insegnanti,
all’inizio di ogni anno scolastico.

Caro professore,
sono un sopravvissuto di un campo di concentramento. I miei occhi hanno vistociò che nessun
essere umano dovrebbe mai vedere
:

camere a gas costruite da ingegneri istruiti,
bambini uccisi con veleno da medici ben formati,
lattanti uccisi da infermiere provette,
donne e bambini uccisi e bruciati da diplomati di scuole superiori e università.

Diffido – quindi – dell’educazione.

La mia richiesta è la seguente: aiutate i vostri allievi a diventare esseri umani. I
vostri sforzi non devono mai produrre dei mostri educati, degli psicopatici qualificati,
degli Eichmann istruiti.

La lettura, la scrittura, l’aritmetica non sono importanti se non servono a rende
re i nostri figli più umani.

Tratto da “Les mémoires de la Shoah” di Anniek Cojean (“Le Monde”, 29 aprile 1995).
Link : http://www.anti-rev.org/textes/Cojean95a/index.html.

2.2 Attività introduttiva

Prima di cominciare a presentare il percorso ai ragazzi e a spiegare i relativi contenuti, è bene tentare di creare un clima di coinvolgimento non solo cognitivo, ma anche emotivo. In questo caso si tenta un’immedesimazione con le parole di Anna Frank, partendo dal presupposto che anche gli alunni faranno un lungo viaggio virtuale nella memoria che gli permetterà di conoscere non solo la storia mondiale degli anni ’30 e ’40, ma anche come la storia studiata sui libri si concretizzi nelle infinite storie che coinvolgono direttamente anche la Provincia di Vicenza.

Finalità dell’attività

– Creare la coscienza di cosa può significare fuggire verso l’ignoto, perdendo tutte le sicurezze che si hanno.

– Riflettere sulle motivazioni che hanno spinto a scegliere un determinato oggetto.

– Far conoscere “Il diario” di Anna Frank.

Materiali:

– fonte http://www.ucei.it/giornodellamemoria/index2.htm
(all’interno cliccare su scuola – attività – Anna Frank)

Dal Diario di Anna Frank

Mercoledì 8 luglio 1942

Nasconderci! dove dovremmo nasconderci, in città, in campagna, in una casa, in una capanna, quando, come, dove…? Erano problemi ch’io non dovevo pormi, e che tuttavia continuamente riaffioravano. Margot e io cominciammo a stipare l’indispensabile in una borsa da scuola. La prima cosa che ci ficcai dentro fu questo diario, poi arricciacapelli, fazzoletti, libri scolastici, un pettine, vecchie lettere; pensavo che bisognava nascondersi e cacciare nella borsa le cose più assurde. Ma non me ne rammarico, ci tengo di più ai ricordi che ai vestiti.

Domande

– E tu che cosa metteresti in valigia se ti trovassi in una situazione simile?

– Come ti sentiresti? Quali pensieri attraverserebbero la tua mente?

Come si svolge l’attività.
L’insegnante dovrà fornire il background necessario alla comprensione del brano, spiegare l’importanza del Diario, la sua universalità, il suo messaggio intrinseco, l’importanza che ha rivestito per almeno due generazioni. Si darà quindi spazio alle domande dei ragazzi. Verrà distribuito il testo del brano e sarà quindi letto ad alta voce. Non ci saranno commenti. Gli alunni avranno a disposizione qualche minuto per pensare e per provare a immedesimarsi nella situazione e quindi scriveranno la loro risposta. Verrà quindi chiesto loro di leggere le risposte ad alta voce. Potrà così aprirsi un dibattito sulle emozioni che hanno provato durante la riflessione, sui pensieri che hanno avuto e sulle risposte che hanno fornito. Alla fine dell’attività i ragazzi consegneranno le proprie risposte all’insegnante che li conserverà/esporrà in una parte della classe.

Nell’esperienza svolta quest’anno, si è scelto di portare in classe una vecchia valigia in cui sono state raccolte le riflessioni dei ragazzi. Alla valigia così come agli altri materiali prodotti durante il percorso è stato dedicato, nella classe, un apposito spazio.
In alternativa si potrebbe disegnarne una su un cartellone per poi incollare i pensieri dei singoli alunni o, ancora, stampare e ingrandire su A3 (o su formati ancor più grandi) immagini di valigie (es. immagini delle valigie del museo di Auschwitz o delle valigia di Hana Brady) che possono essere usate come sfondo delle riflessioni.

Dopo l’attività potrebbe essere molto significativo far accedere i ragazzi al sito internet http://www.annefranktree.nl/ su cui è possibile conoscere meglio la storia di Anne e del suo albero. Ogni studente potrà posare la propria foglia virtuale e lasciare un messaggio. Per tutte le informazioni su Anne Frank, il museo, le attività didattiche si può visitare il sito
http://www.annefrank.org.

Si ricorda che su http://www.annefrank.org/Forms/TF8_1_Winkel.asp?pid=39&lid=6 è possibile prendere visione delle pubblicazioni e dei dvd editi dalla Casa di Anne Frank.

Di seguito si riporta la pagina da fotocopiare e distribuire agli alunni.

Dal Diario di Anna Frank

Mercoledì 8 luglio 1942

Nasconderci! dove dovremmo nasconderci, in città, in campagna, in una casa, in una capanna, quando, come, dove…? Erano problemi ch’io non dovevo pormi, e che tuttavia continuamente riaffioravano. Margot e io cominciammo a stipare l’indispensabile in una borsa da scuola. La prima cosa che ci ficcai dentro fu questo diario, poi arricciacapelli, fazzoletti, libri scolastici, un pettine, vecchie lettere; pensavo che bisognava nascondersi e cacciare nella borsa le cose più assurde. Ma non me ne rammarico, ci tengo di più ai ricordi che ai vestiti.

E tu che cosa metteresti in valigia se ti trovassi in una situazione simile?
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Come ti sentiresti? Quali pensieri attraverserebbero la tua mente?

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2.3 Spunti di lavoro sull’attualità: i rifugiati

“Prima di bussare alla nostra porta qualcuno ha bussato alla loro”

L’attività iniziale si offre a una serie di collegamenti con la situazione attuale dei rifugiati. Senza perdere di vista lo sviluppo dell’idea centrale di questo percorso, si potrebbe avviare con gli studenti una ricerca che da un lato chiarisca i termini della questione, attraverso un approfondimento dei significati di alcune parole chiave, dall’altro si soffermi su alcune testimonianze che possano servire sia da collegamento con il passato sia per comprendere quanto accade ai nostri giorni.

A) Per approfondire l’argomento si rimanda ai seguenti siti web:
– http://www.unhcr.it: sito dell’UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i Rifugiati)
– www.msf.it: sito di Medici Senza Frontiere, contenente diversi materiali utili,
tra i quali il rimando a “Un campo rifugiati in città”
– http://www.cir-onlus.org: sito del Consiglio Italiano per i Rifugiati
– http://www.centroastalli.it/neipanni.htm: sito dell’Associazione Centro Astalli
– http://www.cestim.it/28rifugiati.htm: sito di documentazione sui fenomeni migratori
– http://www.amnesty.it/educazione/scuola/scuola_secondaria_di_II_grado?page=scuola:
sezione del sito di Amnesty International con il materiale per le scuole
http://www.volint.it/areavolint/educazione/didattica/schedetematiche/rifugiati/scheda.htm: sezione del sito del VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) dedicata all’educazione

Per avere maggiori informazioni sui siti indicati e sul materiale riguardante i rifugiati, si vedano, nel cd allegato, i seguenti file:

unhcr rifugiati;

medicisenzafrontiere;

2b bibliofilm – rifugiati MSF;

2c kit didattico MSF;

riferimenti;

piccolirifugiati;

amnesty – rispettaimieidiritti – rifugiati;

rifugiati – materiale di volint.

B) Per garantire un aggancio tra il passato e il presente si potrebbe lavorare su alcune espressioni fondamentali come “Campo rifugiati” e “Campo profughi” (si pensi ai campi per Displaced Persons dalla Seconda Guerra Mondiale in poi e ai campi profughi di oggi come quelli riguardanti la Palestina, il popolo Saharawi, il Pakistan, ecc.). Allo stesso modo si può cercare la definizione generale di “campo” legata a quello che David Rousset ha chiamato universo concentrazionario (il libro di Rousset è scaricabile gratuitamente da
www2.autistici.org/apm/abolizionismo/libri26.php):
– Campo di concentramento
– Campo di lavoro
– Campo di transito
– Campo di sterminio.

Ad esempio, nell’ universo concentrazionario gestito dal nazismo e della RSI in Italia dal 1943 al 1945 si possono distinguere diverse tipologie di campi di concentramento
(www.storiaememorie.it/Programmazione.htm):

a) campi di smistamento per il lavoro coatto, gestiti da tedeschi (Suzzara, Bibbiano, Gazzanise)

b) campi di internamento e di deportazione per ebrei, istituiti su livello provinciale, e gestiti dalle questure italiane come quello di Tonezza del Cimone (VI)

c) campi di smistamento e di transito per i soldati italiani deportati in Germania come internati militari italiani (Stalag)

d) campi di concentramento, “Durchgangslager” (come a Fossoli)

e) campi di concentramento con funzioni di sterminio, cioè i “Polizeihaftlager”

(Risiera di S. Sabba a Trieste; Bolzano)

f) luoghi chiusi di tipo carcerario in città, che sono una sorta di precampo, la cui gestione si divide tra la Gestapo e l’amministrazione italiana.

Breve bibliografia per gli insegnanti:

– Capogreco C. S., I campi del duce, Einaudi, Torino 2004

– Kotek, J., Rigoulot, P., Il secolo dei campi, Mondadori, Milano 2002

– Voigt, K., Il rifugio precario, II, Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, La Nuova Italia, Scandicci 1996

2.4 La memoria

Il viaggio che intraprendiamo è un viaggio nel passato che ci permette di capire più a fondo un presente sospeso tra passi in avanti e ritorni alle pratiche “disumanizzanti” del Novecento. Il percorso non può solo appoggiarsi sulle grandi linee della storia, sugli eventi fondamentali, ma deve provare a scavare nei dettagli perché è nei particolari che si fa più vicina la vita di chi altrimenti ci sembrerebbe solo una parte inconoscibile di dati e cifre inimmaginabili. La Storia si concretizza nelle storie. È possibile invitare i ragazzi a riflettere sul concetto di memoria, oltre che sulla necessità e sulle ragioni del ricordare.

Proposte

Di seguito vengono riportati degli spunti e delle piste di lavoro.

  1. Si propone agli studenti un brainstorming sul termine MEMORIA
  2. Si confrontano le idee emerse con quanto riportato da un dizionario.
  3. Dallo Zingarelli: ricordare o raccordare, ricordare: lat. recordari, da cor, cordis = cuore, che era per gli antichi la sede della memoria. Forse non è un caso che in inglese si dica “by heart” e in francese “par coeur” per intendere “conoscere a memoria” (si chieda agli insegnanti di lingue di approfondire).
  4. Si lavora sulle sfumature di significati delle parole memoria ricordo (differenze interne alle parole stesse e tra le due parole).
  5. Si riflette sugli “strati della memoria”: tenere a mentememorizzarerammentarenominare/menzionarecommemorarefarsi tornare in mentetener presente, ecc.
  6. Dal latino memoro, as, avi, atum, are: ricordare, menzionare, raccontare parlare.
  7. In latino il termine memoria, ae ha più sfumature: memoria/facoltà di ricordare, fatto ricordato/avvenimento, epoca, relazione/racconto/versione, pensiero/ riflessione/progetto, ricordo/monumento/cappella.Non sottovalutare l’importanza, nel significato latino, del menzionare e del raccontare. Il ricordo si fa parola, si fa nome. È esattamente il processo inverso a quello nazifascista di spersonalizzazione, di cancellazione del nome, di imposizione del numero.
  8. Riflessioni sulla frase di David Berger: “Mi piacerebbe che qualcuno ricordasse che una volta visse una persona di nome David Berger” (“… I should like someone to remember that ther once lived a person named David Berger”) (www.yadvashem.org)
  9. Lettura da Se questo è un uomo di Primo Levi (pag. 25-26-27 dell’edizione del 1989 della CDE su licenza Einaudi). A seguire alcune esercizi per gli studenti (fonte degli esercizi: http://www.schule.suedtirol.it/pi/downloads/uomo.pdf).

“Alla campana, si è sentito il campo buio ridestarsi. Improvvisamente l’acqua è scaturita bollente dalle docce, cinque minuti di beatitudine; ma subito dopo, irrompono quattro (forse sono i barbieri) che, bagnati e fumanti, ci cacciano con urla e spintoni nella camera attigua, che è gelida; qui altra gente urlante ci butta addosso non so che stracci, e ci schiaccia in mano un paio di scarpacce a suola di legno, non abbiamo il tempo di comprendere e già ci troviamo all’aperto, sulla neve azzurra e gelida dell’alba, e, scalzi e nudi, con tutto il corredo in mano, dobbiamo correre fino ad un’altra baracca, a un centinaio di metri. Qui ci è concesso di vestirci.
Quando abbiamo finito, ciascuno è rimasto nel suo angolo, e non abbiamo osato levare gli occhi l’uno sull’altro. Non c’è ove specchiarsi, ma il nostro aspetto ci sta dinanzi, riflesso in cento visi lividi, in cento pupazzi miserabili e sordidi. Eccoci trasformati nei fantasmi intravisti ieri sera. Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c’è e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero.
Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga. (…) Ma consideri ognuno, quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle più piccole nostre abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il più umile mendicante possiede: un fazzoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una persona cara. Queste cose sono parte di noi, quasi come membra del nostro corpo; né è pensabile di venirne privati, nel nostro mondo, poiché subito ne ritroveremmo altri a sostituire i vecchi, altri oggetti che sono nostri in quanto custodi e suscitatori di memorie nostre. Si immagini ora un uomo a cui insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso più fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice significato del termine “Campo di annientamento”, e sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo. Haftling: ho imparato che io sono uno Haftling. Il mio nome è 174 517; siamo stati battezzati, porteremo finché vivremo il marchio tatuato sul braccio sinistro.”

A. Rispondi in modo sintetico alle seguenti domande:

  1. Perché i prigionieri del lager non osano guardarsi?
  2. A quali ascoltatori si riferisce l’autore quando scrive se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero o ancora difficilmente saremo compresi?
  3. Che valore hanno gli oggetti della vita quotidiana per Levi?
  4. Qual è il duplice significato di Campo di annientamento?

B. Immagina ora che il protagonista scriva una improbabile lettera alla sorella a Torino in cui ricorda alcuni avvenimenti del suo passato, alcuni oggetti a lui cari, la sua famiglia, i suoi affetti e in cui esprime il senso di svuotamento e di privazione che sta provando ad Auschwitz.

C. L’ossessione degli ex-deportati è quella di non essere compresi o creduti quando potranno raccontare ad altri la loro esperienza. Come spieghi questo atteggiamento? Pensi anche tu come Primo Levi che sia necessario ricordare ciò che è stato e quindi scrivere, e raccontare, per evitare che ciò si ripeta oppure ritieni che il passato sia ormai da dimenticare per poter vivere meglio? Quali sensazioni e riflessioni risveglia in te questo brano?

  1. Riflessione sulla frase del filosofo George Santayana: “Quien no recuerda el pasado, es destinado a repetirlo” (Chi non ricorda il passato, è condannato a ripeterlo).
  2. In ebraico ZACHOR = ricorda; AL TICHKAH = non dimenticare mai
  3. Si segnala che lo Stato di Israele commemora lo Yom HaShoah, per ricordare il genocidio nazista. Il giorno fu scelto dal Parlamento israeliano, la Knesset, che lo istituzionalizzò nel 1959. La celebrazione cade il 27° giorno del mese di Nisan che per il 2009 coincide con il 21 aprile. Nel 2010 si celebrerà l’11 aprile. A livello mondiale l’ONU ha stabilito come Giorno della Memoria la giornata del 27 gennaio di ogni anno (risoluzione 60/7 del 1° novembre 2005), come già fatto dall’Italia con la legge 211 del 20 luglio 2000.
  4. Sul tema della memoria è possibile vedere diversi film. Se ne segnalano alcuni:
    – “Ogni cosa è illuminata” di Liev Schreiber (nel cartella parte prima del cd si può trovare la scheda del film – file 7), USA 2005 – durata 102’
    – “Memoria” di Ruggero Gabbai, Italia 1997 – durata 90’
    – “Volevo solo vivere” di Mimmo Calopresti, Italia 2006 – durata 75’
    – Broken silence, 5 documentari della Shoah Foundation di Spielberg, USA 2002
    – durata dei 5 film 300’
     Gli ultimi giorni di James Moll, USA 1998 – durata 96’
     La fuga degli angeli di Mark Jonathan Harris, USA 2003 – durata 113’
  5. Sul rapporto tra il presente, la memoria e i ricordi personali, oltre che sulla ricerca e sul viaggio di scoperta della verità, si consigliano, oltre ai testi già noti (si veda la bibliografia alla fine del libro) le seguenti pubblicazioni uscite di recente:

    – Albahari D., Goetz e Meyer, Einaudi, Torino 2006
    – Blum J., Quelli che ci salvarono, Neri Pozza, Vicenza 2007
    – De Rosnay T., La chiave di Sarah, Mondadori, Milano 2007
    – Foer J., Ogni cosa è illuminata, Guanda, 2002
    – Mendelsohn D., Gli scomparsi, Neri Pozza, Vicenza 2007
    – Wander F., Il settimo pozzo, Einaudi, Torino 2007

2.5 Il vocabolario dello storico

A) Per noi, oggi, cercare una parola sul vocabolario è utile per capire il significato della parola stessa, ma non ci permette di entrare a fondo nell’importanza che una data parola ha assunto in un preciso momento storico. Prendiamo, ad esempio, la parola ebreo. Prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale l’uso e il significato del termine è cambiato notevolmente fino ad assumere il senso di un marchio indelebile, di un ineluttabile destino simboleggiato dalla stella gialla cucita sui vestiti. A partire da questa premessa, si propone la seguente attività. Fonte: http://www.ucei.it/giornodellamemoria/index2.htm (all’interno cliccare su scuola – attività – la parola ebreo)

Finalità dell’attività
Approfondire il significato di una singola parola; far comprendere il significato che può assumere nella Storia, per la collettività e per il singolo. Se e dove esce, sradicare il pregiudizio.

Come si svolge l’attività
L’insegnante chiede agli alunni il significato della parola “ebreo” (brainstorming), si discute sui vari significati. È utile riassumere in uno schema, tenendo conto anche la negatività con cui talvolta la parola viene usata. È anche possibile trascrivere la definizione che ne dà il vocabolario. Poi l’insegnante fornisce agli alunni tre brani. Il primo brano (da “La parola ebreo” di Rosetta Loy) descrive un episodio che accade in Italia prima della seconda guerra mondiale, mentre il secondo episodio accade a Varsavia durante la seconda guerra mondiale (ed è tratto da L’Isola di Via degli uccelli” di Uri Orlev). Il terzo episodio infine (descritto da Lia Levi nel libro “Una bambina e basta”) accade in Italia, a guerra appena terminata. Attraverso la lettura dei brani suggeriti, si potranno approfondire alcuni aspetti della storia della Seconda guerra Mondiale e della Shoah in particolare e del significato che in quel contesto assunse la parola “ebreo”, della pericolosità che poteva assumere e del senso di liberazione con cui a guerra finita poteva essere pronunciata o cancellata, per tornare finalmente “bambini e basta”.

Se vado indietro nel tempo e penso a come la parola “ebreo” è entrata nella mia vita, mi vedo seduta su una seggiolina azzurra nella camera dei bambini. (…)  In quella casa da poco è nato un bambino, quella festa è per lui. “Un battesimo?chiedo. No, mi dice la donna che è seduta accanto a me su un’altra seggiolina. (…) “Certo che no” ripete. “Sono ebrei”, aggiunge accennando con il mento al di là della finestra, “loro i bambini non li battezzano, li circoncidono”.

da “La parola ebreo”, di Rosetta Loy, Einaudi, Torino 1997

“Senti, il motivo per cui non ti posso dire dove vivo è che io sono…”. Mi fermai automaticamente. Non riuscivo a tirar fuori la parola. Era una parola proibita. Pericolosa. Una sola piccola parola che ti poteva costare la vita. Mi guardò con i suoi occhi azzurro scuro. Era la bambina più carina che avessi mai conosciuto. E allora glielo dissi. Arrossì su tutta la faccia.
“Tu odi gli ebrei?Reclinò il capo. “Voglio dire, mi denunceresti? Sai, basta che senza pensarci mi nomini e per me potrebbe essere la fine.
[…] Ero già pentito di averglielo detto. Che testa che avevo.

da “L’Isola di Via degli uccelli” di Uri Orlev, Salani Editore, Milano 1998

Alla radio scrivo un giorno una lettera per partecipare a un gioco, forse un con corso. Sono ancora nel cerchio di mia madre e così corro a fargliela leggere, prima d’imbucare il foglietto nitido dove ho sforzato la scrittura al meglio.
“Cara radio” comincia la letterina, sono una bambina ebrea…”. Mia madre legge e con grande gesto come di teatro comincia a strappare il foglio scritto in
pezzi sempre più piccoli. La guardo sbalordita: che grande errore ci può mai essere? E anche se c’è da correggere, perché questo insolito rompere tutto?
Dispetti così la mamma non li aveva mai fatti. Mamma non sembra arrabbiata, anzi, è quasi allegra e butta i pezzetti del mio lavoro come se fossero coriandoli di carnevale. La guardo irosa e offesa. Anche mamma mi guarda, ma con una specie di ilare indulgenza: “Non sei una bambina ebrea, hai capito? Hai capito? Sei una bambina e basta”.

da “Una bambina e basta” di Lia Levi, Edizioni e/o, Roma 1997

B) A partire dal brainstorming dell’attività precedente, si chiede agli alunni di approfondire alcuni termini ai fini della comprensione dei concetti e degli eventi storici che si troveranno ad affrontare.

Si legge il seguente testo (tratto da http://www.binario21.org/ilsignificato.htm):

Quante volte la parola ebreo viene ancora usata come un insulto, negli stadi o sui muri delle vostre città? Quante volte si sente parlare di israeliti anziché di israeliani o di sionismo come sinonimo di razzismo? Avete mai riflettuto sul vero significato di queste parole? Quante volte le parole entrano nel vostro linguaggio senza che quasi ve ne accorgiate e che ne conosciate la storia, l’etimologia e, soprattutto, le conseguenze provocate dal loro uso improprio? Da internet alla televisione, dai giornali ai testi delle canzoni, dal cinema alla Playstation, il mondo entra sempre più spesso in casa vostra e nel vostro cosmo personale senza filtri, senza lasciarvi il tempo di elaborare o di avere dei dubbi. Nel mare d’informazione “usa e getta” in cui vi trovate a navigare, la parola perde troppo spesso di valore e, usata a sproposito, può addirittura concorrere ad alimentare il pregiudizio e il razzismo, come ci dimostra spesso la cronaca europea e internazionale. Voi potete fare molto per non cadere in queste facili trappole: basta non dare tutto per scontato e usare la vostra curiosità per andare oltre i luoghi comuni. Per cominciare, potreste per esempio consultare il vocabolario. Forse potrà aiutarvi a comprendere meglio un passato tanto doloroso e a considerare con maggior attenzione un presente così confuso.

B1) Ad ogni alunno (o a coppie o a gruppi) viene affidata la ricerca dei vocaboli su cui riferiranno in classe.
In questo modo si farà chiarezza su alcuni termini che vengono spesso usati confondendoli.

Il primo gruppo di parole ruota attorno al termine EBREO.

– Ebreo

– Giudeo

– Israelita

– Israeliano

Il secondo gruppo è inerente alla definizione di quanto successo agli ebrei, ovvero alle parole -Genocidio

-Olocausto

-Shoah

In alternativa l’insegnante potrà fornire agli studenti le seguenti definizioni (fonte: www.binario21.org – dalla home page entrare in il significato delle parole):

Ebreo = dal verbo avar, che in ebraico significa “passare, oltrepassare, andare oltre”, da cui ivrì, cioè “passato oltre” dalla Mesopotamia alla Terra Promessa, dal politeismo, al monoteismo e attribuito per la prima volta ad Abramo, padre indiscusso delle tre grandi religioni monoteiste (in ordine di apparizione sulla Terra:
– circa 4000 anni fa, l’Ebraismo; – circa 2000 anni fa, il Cristianesimo; – circa 1400 anni fa, l’Islam). Abramo è inoltre discendente di Eber, bisnipote di Sem, uno dei tre figli di Noè. In entrambe le possibili etimologie, ebreo è dunque “colui che discende da Abramo”. Essere ebreo, perciò, significa appartenere a una fede religiosa e seguirne la tradizione, indipendentemente dalla propria nazionalità o cittadinanza. Non è quindi sinonimo di israeliano.

Giudeo = letteralmente “discendente della tribù di Jehudà, una delle 12 tribù d’Israele”. Come sinonimo di “ebreo”, si trova nel Nuovo Testamento e nel secondo Libro dei Maccabei, dove si fa riferimento a coloro che tornarono a Gerusalemme dall’esilio babilonese ancora così fedeli alle antiche tradizioni, da risultare molto più devoti a Dio dei loro fratelli rimasti nella Terra Promessa. In realtà ha assunto nel tempo un significato deteriore, legato alla figura di Giuda Iscariota, il discepolo “traditore” di Gesù, creando uno degli stereotipi negativi più usati nel-l’iconografia del pregiudizio antiebraico di matrice cristiana.

Israelita = letteralmente “discendente di Israel”, nome dato a Giacobbe dall’angelo del Signore contro il quale aveva lottato. Quindi israelita è colui che discende da Israel, membro del popolo che aveva tenuto testa a Dio. Si tratta quindi di un sinonimo di ebreo e di giudeo, che nulla ha a che vedere con l’essere cittadino del moderno Stato di Israele.

Israeliano = cittadino del moderno Stato di Israele, quindi non necessariamente ebreo, in quanto anche persone di altra fede religiosa sono cittadini israeliani a tutti gli effetti.

Genocidio = dal greco génos – stirpe – e dal latino caedere – uccidere – (cfr. omicidio). Riferito alla metodica distruzione di un gruppo etnico o religioso, compiuto attraverso lo sterminio fisico sistematico e l’annullamento dei valori e dei documenti culturali. Questo termine inizia a essere impiegato proprio dopo i tragici eventi che determinarono lo sterminio degli ebrei d’Europa durante la Seconda guerra mondiale. Oggi viene adoperato con una tale leggerezza, che non solo ne dissacra il significato, ma che contribuisce a offuscare il giudizio su molti conflitti in atto e a falsarne pericolosamente la sostanziale portata.

Olocausto = dal latino holocaustum, che è il greco holòkauston, da hòlos “tutto” e kaustòs “bruciato”, dal verbo kaìein “bruciare”. Per estensione, Sacrificio, soprattutto della propria vita, ispirato da una dedizione completa al proprio ideale. Questa parola è stata impropriamente adottata per definire lo sterminio degli ebrei europei durante la Seconda guerra mondiale. Come si capisce dall’etimo, infatti, non definisce correttamente l’evento. Implicherebbe cioè una volontà delle vittime nell’offrirsi in sacrificio per un ideale, cosa ovviamente impensabile. Ecco perché si preferisce l’uso della parola ebraica Shoah.

Shoah = voce biblica che significa “desolazione, catastrofe, disastro”. Questo vocabolo venne adottato per la prima volta nella comunità ebraica di Palestina, nel 1938, in riferimento al pogrom della cosiddetta “Notte dei Cristalli” (Germania, 910 novembre 1938). Da allora definisce nella sua interezza il genocidio della popolazione ebraica d’Europa, perpetrato durante la Seconda guerra mondiale.

B2) Per quel che concerne il termine GENOCIDIO, si potrebbe proporre ai ragazzi di cercare le origini del termine stesso e i casi in cui è stato utilizzato. Andando su www.wikipedia.it si trova una pagina con dei confronti storici tra i genocidi.
Si consiglia una ricerca su
– il termine genocidio e la sua storia
– la storia di Raphael Lemkin
– il concetto di genocidio secondo l’ONU: la Convenzione per la Prevenzione e la repressione del Delitto di Genocidio (New York, 9 dicembre 1948)
– i genocidi ieri e oggi (indiani d’America, armeni, ebrei, Ruanda, Cambogia, Bosnia, ecc.).

Si veda il file “8 genocidio” sul cd allegato nella cartella “parte prima”.

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