Trasferimenti

Trasferimenti 

 

Una volta internati, gli ebrei cercarono di organizzare come potevano la loro vita quotidiana, nella speranza di ritrovare prima di tutto i propri cari e gli amici, e poi di ricostruire le abitudini e di far fronte ai problemi di tutti i giorni.

Molti gruppi familiari, all’atto dell’internamento furono divisi, così come si trovarono separate le persone unite da amicizia.

 

Data la situazione, le richieste più comuni degli internati alle autorità locali erano legate alla possibilità di visitare parenti alloggiati in altri comuni o di ricongiungersi a loro in modo stabile. Oltre al desiderio di riabbracciare i congiunti e di sciogliere il nodo della solitudine, spesso a muovere le richieste c’erano cause pratiche come la volontà di assistere un familiare malato o il bisogno di essere assistiti, ma anche ragioni economiche, legate alla necessità di vivere insieme per dividere le spese.

 

 

Similmente, molti ebrei chiesero il trasferimento da un comune all’altro per motivi di salute, che venivano spesso messi in relazione con le condizioni climatiche. Quasi sempre, a supporto delle lettere inviate alla Questura, si trovano certificati e dichiarazioni dei medici curanti.

Spesso una preoccupazione e un dolore ancor più forti accompagnavano gli internati che avevano lasciato i parenti nei territori di provenienza. Ladislao Stern fece di tutto per recarsi a Roma presso la Legazione di Croazia per tentare di liberare il padre, internato da otto mesi in un campo di concentramento in Croazia.

Non mancano richieste di spostamento per l’acquisto dei beni di necessità, non reperibili nel comune di internamento, mentre altre ancora sono motivate dal tentativo di imparare un mestiere.

Non in tutti i casi il trasferimento diventava definitivo, ma anzi bisognerebbe parlare di semplici spostamenti, tra l’altro controllati dalle autorità fino al momento del ritorno.

Va aggiunto che spesso le richieste venivano respinte e, in alcuni casi, furono ritirati permessi già accordati, perché non si riteneva più che sussistessero i motivi della richiesta o perché si credeva che gli internati approfittassero delle concessioni della Questura o a causa delle particolari caratteristiche delle destinazioni, come potevano essere “le città militarmente importanti”.

Giulio Lewenthal, internato a Canove di Roana, si recò a Padova per cresimarsi con una lettera di autorizzazione del podestà, ma senza il preventivo nulla osta del questore di Padova che si rivolse allo stesso podestà invitandolo a non inviare più internati stranieri senza i necessari permessi.

Translate »