Stati Uniti

Stati Uniti d’America

 

A partire dal 1907, anno in cui venne predisposta, da parte dell’Indiana, la prima legge eugenetica, furono 30 gli Stati della Federazione americana a prendere provvedimenti legislativi in tal senso. Ma già negli anni precedenti un numero notevole di sterilizzazioni era stato effettuato all’interno di riformatori e manicomi, utilizzando praticamente come cavie i soggetti internati per verificare congetture scientifiche ed educative.

Esposizione eugenetica in Kansas (1923)

Malgrado i testi di legge sembrassero ispirati dal filantropismo e dalla piena tutela giuridica degli individui, nella realtà si trattava, nella maggior parte dei casi, di un intervento coatto frutto di arbitrarie supposizioni di medici e sovrintendenti delle strutture di internamento. Obiettivo comune e principale della repressione il “moron”, una vaga definizione coniata dall’eugenista Goddard per indicare gli imbecilli “d’alto grado”. Nel 1927 sarà direttamente la Corte Suprema degli Stati Uniti, chiamata a decidere nel caso Buck vs. Bell, a decretare la liceità etica e legislativa delle sterilizzazioni, appellandosi alle ragioni del “benessere collettivo”.

Così recitava una filastrocca insegnata negli Stati Uniti ai bambini delle classi elementari come propaganda contro i diversamente abili

See the happy moron;
he doesn’t have a care,
his children and his problems
are all for us to bear.

Ammira l’imbecille felice;
non ha nessuna responsabilità,
i suoi figli ed i suoi problemi
sono tutti sulle nostre spalle.

(in Kühl S., The Nazi Connection, Oxford University Press, New York – Oxford, 1994, traduzione di Alessandro Berlini)

 

Gli obiettivi delle leggi

Le leggi, in teoria destinate a colpire individui tarati indipendentemente dal gruppo sociale ed etnico di appartenenza, furono in pratica strumento di difesa dell’idealtipo WASP, andando a colpire classi pericolose, poveri, white trash, immigrati; tutte categorie marchiate come degenerate attraverso superficiali test del quoziente d’intelligenza o studi genealogici. Gli stessi eugenisti furono tra i primi anche a sostenere la politica delle “quote”, introdotta nel 1924 per limitare l’immigrazione di tipi “razzialmente inferiori”. Un rapporto deterministico viene tracciato tra degenerazione e patrimonio biologico razzialmente “inferiore”. A fare le spese delle sterilizzazioni sono così molti individui di origine etnica “aliena” che si ammassano, insieme agli altri marginali, nei quartieri degradati delle grandi città. In media, solo il 2% delle sterilizzazioni riguarderà membri della upper class.

Si ritiene che negli Stati Uniti siano state effettuate, a partire dal 1889, oltre 65.000 sterilizzazioni eugenetiche. Il periodo di maggiore recrudescenza fu quello degli anni ’30, con una media di 2.000 operazioni all’anno. I tagli imposti dalla Depressione portarono all’esacerbarsi della politica eugenetica. Le sterilizzazioni consentivano infatti di rimettere in libertà molti degli internati delle istituzioni, riducendo le spese assistenziali. In alcuni casi, come in North Carolina e Virginia, gli interventi sono cessati solo negli anni ’70.

 

La testimonianza di Tamara

…Dopo che mia madre mi ebbe abbandonata, andai a vivere con la mia nonna materna. Ero ancora una bambina, stavo bene con lei, anche se a volte, probabilmente a causa del rancore verso mia madre, venivo trattata come se fossi una sgualdrina. Col tempo le tensioni aumentarono, e quando ebbi undici anni mia nonna ritenne che io sarei stata sempre troppo stupida e moralmente instabile per avere dei figli. Fui avviata ad una istituzione educativa per bambini con lievi problemi mentali. L’anno successivo mia nonna chiese la mia sterilizzazione. Fu lei stessa ad accompagnarmi all’ospedale. Naturalmente, al di là delle volontà di mia nonna, fu necessario anche il consenso di un giudice accondiscendente, oltre che del medico che mi praticò l’operazione. Mi ingannarono dicendomi che dovevo andare in ospedale solo per risolvere “un piccolo problema”.

Naturalmente, nessuno chiese il mio parere. Venni a sapere della sterilizzazione solo in seguito. Quando mia nonna mi rivelò il vero motivo dell’operazione era convinta che io non avrei capito comunque cosa mi era stato fatto, visto che ero deficiente. Nessuno si rendeva conto che, in realtà, io capivo benissimo quello che mi stavano facendo e che, seppure avessi solo dodici anni, soffrivo terribilmente al pensiero che non avrei mai potuto avere dei figli col mio ragazzo.
Ricordo che, quando avevo quattordici anni, organizzarono presso l’istituto in cui vivevo un seminario di educazione sessuale. Il primo giorno, io mi rifiutai di entrare in classe. La maestra venne a cercarmi. Mi trovò a letto che piangevo. Le dissi che per me quel corso era del tutto inutile. Io non avrei mai potuto avere dei bambini. Io ero troppo stupida…

(tratto e rielaborato da Brantlinger E., Sterilization of people with mental disabilities, Auburn House, Westport, Connecticut – London 1995, pp. 143-147, traduzione di Alessandro Berlini)

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